Nel marzo 2009 i giocatori furono picchiati e lasciati in mutande da un gruppo di tifosi violenti al ritorno di una gara persa. Per gli investigatori il manager avrebbe fatto da sponda col clan D’Alessandro per favorire gli interessi economici della cosca stabiese nel giro di scommesse sportive
Ad organizzare le minacce e l’aggressione di tre anni fa ai calciatori della Juve Stabia, picchiati e lasciati in mutande da un gruppo di tifosi violenti al ritorno di una gara persa a Pistoia, fu anche un ex dirigente della società di calcio che oggi milita in serie B. Si chiama Roberto Amodio, all’epoca ricopriva il ruolo di direttore sportivo, ed è accusato di essere l’organizzatore del raid insieme al capo ultrà Vincenzo Mirante e a Francesco Avallone, presentatosi ai calciatori come l’uomo del clan D’Alessandro incaricato di mortificarli per le brutte partite disputate.
L’episodio è descritto in un avviso di chiusura indagini notificato nel fine settimana dal pm di Napoli Pierpaolo Filippelli a una ventina di indagati. E’ un prosieguo di Golden Gol, l’inchiesta della Dda di Napoli sul calcio scommesse e sulle pressioni della camorra per truccare le partite, che è arrivata a lambire alcuni grossi nomi del pallone, come l’ex allenatore dell’Inter Hector Cuper.
Gli inquirenti riavvolgono il nastro al marzo 2009. La Juve Stabia arranca in serie C/1. E le frange peggiori del tifo organizzato eseguono una punizione esemplare per i calciatori al ritorno dalla trasferta di Pistoia, persa per 1-0. I calciatori vengono accerchiati, presi a pugni e calci, costretti a togliersi la tuta della squadra: “Siete indegni di indossarla” urlano gli scalmanati brandendo le cinghie. Secondo il pm, fu tutto orchestrato con la complicità di Amodio. E ci sarebbe la regia di Avallone e Amodio pure dietro il successivo, e più inquietante, atto intimidatorio contro i calciatori. Sulla panchina dello stadio “Romeo Menti”, quella riservata alla Juve Stabia, apparvero undici manifesti funebri coi nomi dei titolari, illuminati da altrettanti lumini cimiteriali.
Le informative degli uomini del nucleo investigativo dei Carabinieri di Torre Annunziata, diretti dal tenente colonnello Nicola Conforti e dal maggiore Alessandro Amadei, indicano Amodio come persona inserita nel clan D’Alessandro: avrebbe utilizzato il suo ruolo nella società sportiva (che è comunque estranea alle infiltrazioni camorristiche) per favorire gli interessi economici della cosca stabiese nel giro di scommesse sportive. In questo nuovo filone compaiono le accuse all’attuale presidente della Juve Stabia Franco Manniello, indagato per frode sportiva in relazione a una presunta mazzetta da 50.000 euro per corrompere il portiere e la punta del Sorrento in occasione del derby del 2009, e a tre dirigenti della società di scommesse Intralot, Maurizio Lopez, Antonio De Simone e Concetta Falcone, indagati per l’apertura dei centri scommesse nel vesuviano intestati ai prestanome del boss Vincenzo D’Alessandro.