Una dinastia criminale azzerata dallo Stato. Ha anche questo significato il fermo di Carmine Schiavone, figlio incensurato di Sandokan. Lo hanno braccato fuori ad un locale della movida di Aversa dopo 40 minuti di inseguimento. Figlio di Francesco Schiavone, dal 1998 in carcere, è stato arrestato da nucleo operativo e radio mobile dei carabinieri di Casal di Principe agli ordine del tenente Michele Centola. Era il reggente del clan omonimo. “Staffone o Carminotto”, è stato trovato con 8 mila euro in tasca: “Siete stati bravi” ha detto ai carabinieri. Identificati due pregiudicati con i quali era in compagnia forse per un summit.
Il rampollo, da mesi non dormiva più a casa, sapeva di essere nel mirino della Distrettuale antimafia di Napoli, che ha emesso un decreto di fermo per tentata estorsione aggravata a suo carico. I pm Conzo, Ardituro, Sirignano, Landolfi, Maresca, Dongiacomo coordinati dall’aggiunto Federico Cafiero De Raho, lo ritengono il capo del clan Schiavone, il reggente dell’organizzazione dopo l’arresto del primogenito Nicola nel giugno 2010. Fuori dalla caserma, Schiavone ha mandato baci ai fotografi. “Si è accertato – si legge nel decreto – come all’interno del clan Schiavone vi sia una sorta di diritto di successione in virtù del quale a capo dell’organizzazione deve esserci sempre uno dei figli del capo clan Schiavone Francesco, inteso Sandokan”. Il pentito Roberto Vargas, nell’interrogatorio del giugno 2011, racconta uno dei business del clan: “Carmine Schiavone insieme al suocero ‘o lupo’ gestivano in monopolio gli affitti delle case ai soldati e ai dipendenti della base Nato in tutta Casal di Principe dal 2005 in poi fino al mio arresto”. Non solo. “Carmine Schiavone – racconta ancora il pentito – era agli ordini del fratello Nicola. Parlava con il fratello di cosa fare in determinati settori, quali il gioco d’azzardo, i rapporti con le amministrazioni comunali ( …). Posso affermare con certezza che dopo l’arresto di Nicola Schiavone, Carmine ha preso il suo posto”.
I soldi al clan arrivavano anche dall’imposizione di gadget pubblicitari, come estorsione mascherata, e dalla classica tangente. Proprio per il tentativo di imposizione del pizzo ad un imprenditore edile che stava costruendo quattro appartamenti a San Cipriano d’Aversa, è finito in manette Carmine Schiavone. Una estorsione da 8 mila euro. Al costruttore i due emissari del clan avevano spiegato: “Abbiamo saputo che state costruendo dovete fare un regalo agli amici” prima di sparare colpi di armi da fuoco contro il cancello del cantiere per meglio chiarire la richiesta. Braccato dalle dichiarazioni della vittima, da sei collaboratori di giustizia che lo descrivono come il capo del clan, dai riscontri degli inquirenti. “Carmine Schiavone – racconta il collaboratore Raffaele Maiello il 17 gennaio 2013 – ha rapporti con i clan Autiero di Gricignano e i Moccia di Afragola. Ha preso il comando di tutto il clan e anche a Casapesenna comanda lui. Fa arrivare gli stipendi ai detenuti e nessuno si lamenta (…) Posso dire che Schiavone era informato precedentemente dell’esecuzione di arresti tanto che ci comunicava in anticipo che si sarebbero stati arresti”. Carmine Schiavone appartiene alla nuova generazione criminale, spavalda e senza scrupoli. Nel decreto emerge la modalità violenta di conduzione del clan. Ad un affiliato che aveva ‘ sbagliato’ Schiavone arriva a rompergli un dente. Staffone si è complimentato con i carabinieri al momento dell’arresto, ma al telefono emergeva chiaro il suo odio viscerale verso l’arma e la magistratura napoletana: “Ma Staffone gli mette il pesce in bocca a tutti i carabinieri” dice ad un affiliato in una conversazione intercettata nell’ottobre scorso.
Trivio e spavaldo, Schiavone, ma c’è dell’altro oltre le intemperanze verbali. Un odio nei confronti dello stato che condivide con il fratello Nicola Schiavone, quest’ultimo era entrato in stretto contatto con esponenti del terrorismo internazionale. Le dichiarazioni dei pentiti, nel recente passato, hanno fatto emergere l’intenzione stragista del clan: rifugio per i terroristi in cambio del supporto criminale per attentare alla vita di magistrati della Dda partenopea che hanno decimato il clan e i loro sogni di gloria criminale. Dichiarazioni, già pubblicate, che vengono riprese nel decreto di fermo. Il pentito Roberto Vargas raccontava nel novembre 2011: “Nel corso del primo incontro tra me e Nicola Schiavone, questi mi disse che una volta eliminati Iovine e Zagaria avremmo dovuto fare pulizia interna al clan (…), e successivamente avremmo potuto colpire il pool di magistrati, per primo Cafiero de Raho e poi a seguire chi del pool, che si occupava della camorra casalese, saremmo riusciti a colpire. L’azione sarebbe stata portata a termine dai terroristi, mentre noi avremmo fornito gli appoggi logistici. Secondo quanto diceva Schiavone, i terroristi erano già stati addestrati a colpire in quanto avevano preso parte a fatti di sangue all’estero per l’organizzazione terroristica. Siccome i terroristi avevano avuto alcuni problemi, si erano alleati con Nicola Schiavone al fine di ottenere rifugi sicuri nell’agro aversano”. Vargas, alla fine spiega: “Non so se Carmine abbia le capacità per portare in atto tali attentati contro il pool dei magistrati della Dda”. Proprio Carmine Schiavone si è reso protagonista di un episodio sinistro. Nel giugno 2012 entrò nell’aula dove si celebrava il processo al fratello Nicola scattando una foto con il cellulare alla corte che lo stava processando. Episodio finito in una relazione di servizio dei carabinieri. Lo spavaldo Staffone ora è in carcere come il padre e i fratelli.