“Bossiani” sul piede di guerra all’interno della Lega nord. Le liste per le elezioni di febbraio, nate dalla ‘rivoluzione’ che porta il nome di Roberto Maroni e, almeno in Veneto, di Flavio Tosi, hanno creato più di un malumore. Fra i nomi nelle liste saltano subito agli occhi i grandi esclusi, per lo più appartenenti al cosiddetto “cerchio magico“. Tanto che qualcuno parla già di “epurazione politica” e c’è chi, come Carolina Lussana, non nasconde che la sua permanenza nel Carroccio potrebbe essere a rischio.
Dal partito però escludono che si tratti di una epurazione politica: “Le liste sono state fatte secondo un criterio di ricambio generazionale e di presenza sul territorio“, dice ad esempio Matteo Bragantini, capolista al Senato in Veneto. I nomi degli esclusi però fanno rumore e sono del calibro di Stefano Stefani, il tesoriere della Lega subentrato a Francesco Belsito, una dei triumviri nominati dopo lo scandalo dell’estate 2012 Manuela Dal Lago, il presidente dei senatori del Carroccio Federico Bricolo, il capogruppo alla Camera Gianpaolo Dozzo, le deputate Francesca Martini, Paola Goisis e Carolina Lussana, nonché il senatore e cofondatore del partito Giuseppe Leoni. Tutti molto vicini a Bossi. Se in Veneto le esclusioni sono state motivate dalla voglia di rinnovamento e “rottamazione” di Tosi (che ha imposto il limite di due mandati per essere ricandidati) in Lombardia non c’è stato nemmeno questo criterio a giustificare del tutto le esclusioni. Tanto che ora il popolo degli ‘esclusi’ chiede chiarimenti.
Lo fa per esempio Carolina Lussana, bossiana, esclusa dalle liste in Lombardia, che non nasconde la rabbia e ipotizza una “epurazione politica nei confronti di quelli che sono rimasti leali e fedeli a Bossi per rispetto e riconoscenza”. Tanto che sostiene: “Non mi stupisce la mia esclusione, me l’aspettavo”. Lussana si dice però delusa “soprattutto dal punto di vista umano” perché “nessuno mi ha spiegato nulla, nemmeno una telefonata, nemmeno da Roberto Maroni. E’ stato detto che si è voluto privilegiare nelle liste chi ha avuto maggior presenza sul territorio. Ma è un’accusa che rispedisco al mittente”. Lussana quindi non esclude di uscire dal partito. Alla domanda se resterà nella Lega nonostante tutto, risponde: “Questo vedremo, perché bisogna essere in due per restare. Chiederò un chiarimento e dopo di che deciderò il da farsi”. “Il mio – conclude – non è il problema della ‘cadrega’ (poltrona, ndr), ma di rispetto. Si parla tanto di Lega come una grande famiglia. Almeno in Lombardia avrei preferito un discorso tipo quello di Tosi, che motivasse le esclusioni con dei parametri. In Lombardia questi parametri non ci sono stati, tanto è vero che abbiamo candidati con cinque legislature. E inoltre ci sono pochissime donne in lista. Nella Lega 2.0 che critica tanto il celodurismo bossiano, forse qualche presenza femminile in più non avrebbe guastato”.
In Veneto una ‘vittima’ delle esclusioni è stata Manuela Dal Lago, già membro del ‘triumvirato’ del dopo Bossi, che pure aveva alle spalle una sola legislatura. Racconta che ha rifiutato lei stessa il posto che le avevano offerto (“quinto o sesto al Senato”) e non maschera un velo di amarezza: “Evidentemente il partito non mi ritiene utile e io non sono disposta ad accettare tutto, costi quel che costi”, sostiene. Bragantini, capolista al Senato in Veneto, però replica: “La Dal Lago ha rifiutato per una candidatura alle comunali…”. E sul piano nazionale rimanda al mittente l’accusa a Maroni di aver voluto sventrare il ‘cerchio magico’: “Ogni anno capita che qualcuno sia deluso dopo la composizione delle liste. Ma assolutamente non c’è nessuna epurazione. Per quanto riguarda il Veneto si è voluto dare spazio ai giovani. Si pensi che i primi 8 candidati al Senato hanno meno di 50 anni e 5 sono donne. Sul piano nazionale, da quello che so io Maroni ha fatto le scelte insieme ai commissari nazionali guardando le competenze dei candidati e la loro copertura territoriale, ovvero la presenza sul territorio”.
di Viola Contursi