Zonaeuro

Eurogruppo, prevale la linea dei falchi che sceglie il sobrio Dijsselbloem

Il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem è stato eletto presidente dell'Eurogruppo. Succede al lussemburghese Jean-Claude Juncker. Chi lo conosce bene lo definisce sobrio e austero: non a caso è il candidato più gradito alla Germania e ai promotori della tolleranza zero sulla disciplina di bilancio in Europa

Alla sua nomina a ministro delle Finanze olandese, come scrisse la stampa locale, Jeroen Dijsselbloem si presentò come “l’anti Babbo Natale”. Parliamo del nuovo presidente dell’Eurogruppo nominato il 21 gennaio a Bruxelles dai 17 Paesi della zona euro successore del lussemburghese Jean-Claude Juncker, che ha guidato per otto anni il centro di coordinamento europeo che riunisce i ministri dell’Economia e delle finanze dell’Eurozona. Dijsselbloem siederà così sulla poltrona di Mr Euro, un ruolo a dir poco delicato in piena crisi economica, tanto che ultimamente le riunioni informali dell’Eurogruppo hanno definitivamente superato in importanza quelle ufficiali del giorno dopo dell’Ecofin tra tutti i 27 ministri Ue dell’economia.

Due gli aggettivi che definiscono meglio Dijsselbloem tra chi lo conosce: sobrio e austero. Non a caso, nonostante non abbia ricoperto una posizione ministeriale prima di novembre scorso e sia privo di esperienza di economia, è il candidato più gradito alla Germania e ai promotori della tolleranza zero sulla disciplina di bilancio in Europa. “Mi assicurerò che nessun regalo venga distribuito in giro e che ciascuno paghi il dovuto al tempo debito”, aveva detto al suo insediamento al ministero delle finanze olandese. Da allora sono passati solo tre mesi, e a partire da oggi Mr Dijsselbloem presiederà tutte le riunioni delicatissime del gruppo che prende decisioni fondamentali sul destino finanziario di interi Paesi. Tanto per dare un’idea di cosa parliamo, nei prossimi mesi l’Eurogruppo dovrà decidere sui futuri aiuti a Cipro e Grecia, sull’operatività del fondo Ems nella ricapitalizzazione diretta delle banche e sul proseguimento dell’unione bancaria europea.

Ma chi è Jeroen Dijsselbloem? Quarantasei anni, laburista di vecchia data, è conosciuto nel suo Paese, oltre che per la sobrietà, anche per una vita piuttosto austera, visto che è solito mangiare le verdure che pianta lui stesso nell’orto di casa, dove possiede un allevamento di maiali vicino al fiume Rhine. Laureato in politica agraria, entra nell’agone politico che conta nel 2000 come deputato del partito laburista. Passa alla cronaca nel 2007 per le sue battaglie contro i videogiochi violenti e i contenuti multimediali con espliciti riferimenti sessuali, tanto da valergli un encomio da parte della gioventù cristiana olandese.

Oltre a queste caratteristiche, a farne il candidato perfetto per Berlino, ha ovviamente contribuito non poco la nazionalità, visto che la Germania mai avrebbe accettato che una simile poltrona venisse occupata da un Paese senza un merito di credito a tre A. I Paesi Bassi, infatti, restano tra i pochi in Europa (insieme a Germania, Finlandia, Austria e Lussemburgo) ad aver conservato il livello massimo di rating e a costituire l’asse forte dell’austerità di bilancio nei confronti di quei Paesi che qualcuno di loro chiama “feckless Mediterranean” (inetti mediterranei).

Un’austerità tale che perfino la Francia ha avuto paura della nomina dell’olandese fino alla fine, complici anche le condizioni economiche della République non propriamente “napoleoniche”. “Il minimo che ci aspettiamo è che dica chiaramente qual è la sua visione d’Europa”, aveva detto alla vigilia della nomina un dubbioso Pierre Moscovici, ministro dell’Economia francese. Le proteste francesi rientreranno poi silenziosamente così come sono state sollevate, tanto che non è azzardato ipotizzare precisi rassicurazioni informali date a Parigi sulla condotta futura del falco olandese. Sì perché per trovare un equilibrio tra l’austerità tedesca e l’atteggiamento più orientato alla crescita francese, i ministri all’economia dei due Paesi, Wolfgang Schauble e Pierre Moscovici, erano pronti a fare una staffetta di due anni e mezzo ciascuno alla testa dell’Eurogruppo, possibilità poi scartata per non rendere palese, più di quanto lo sia già adesso, il direttorio franco-tedesco fiscale in Europa.

Come detto, la posizione di Mr Euro, complice la crisi economica, ha assunto con il tempo una posizione strategica. Basti pensare che tra le firme dei quattro presidenti che hanno redatto il piano sulle prossime fasi dell’Unione economica e monetaria europea c’era proprio quella di Juncker invece che quella del presidente del Parlamento europeo, e questo a fianco di Draghi, Barroso e Van Rompuy. Per questo delicato compito ecco che è stato scelto ancora una volta (come Juncker) un esponente del Benelux (Belgio-Lussemburgo-Paesi Bassi), una regione priva di aspirazioni dominatrici in Europa, vista la ridotta grandezza, ma dal profilo economico alto e poco tollerante verso il basso. “Il primo compito che ci spetta è quello di ripristinare la fiducia nell’euro, nell’Eurozona e nelle prospettive economiche dei paesi membri”, ha esordito al suo arrivo al summit di Bruxelles.

 @AlessioPisano