Il giornalista, inserito nelle liste elettorali del Pdl, è indagato per peculato, ma nega di aver mai utilizzato il denaro dell'emittente per spese personali: "Per 18 mesi nessuno ha avuto nulla da obiettare, poi improvvisamente è venuto fuori che la cosa non era contemplata". E sulla sua candidatura: "Mi avevano messo il bavaglio, ora potrò dire la mia"
Non è il primo e con ogni probabilità non sarà l’ultimo. Di giornalisti che hanno scelto di intraprendere la carriera politica è piena la storia, ma il caso di Augusto Minzolini fa discutere. Vuoi per le polemiche suscitate dalla linea politica seguita quando era direttore del Tg1, vuoi per le accuse di peculato delle quali proprio in questi giorni deve rispondere davanti ai giudici.
Lui non nasconde la sua soddisfazione: “Mi sentivo emarginato, messo da parte: ora potrò dire la mia”. Così l’ex direttore commenta la sua candidatura al Senato nelle liste Pdl della Liguria. Minzolini, parlando a margine dell’udienza del processo che lo vede imputato a Roma, ammette che “già in passato gli era stato proposto di candidarsi”. E aggiunge: “Per 30 anni ho seguito da giornalista le varie campagne elettorali. Questa sarebbe stata la prima volta che non potevo dire la mia, mi sentivo come se qualcuno mi avesse messo un bavaglio“.
Riguardo alle vicende per le quali è indagato, Minzolini ribadisce la propria innocenza: “Le spese sostenute a partire dal 2009 con la carta di credito della Rai sono state solo in funzione del mio lavoro”. In 18 mesi l’ex direttore del Tg1 ha speso qualcosa come 65 mila euro, tra pranzi, cene e soggiorni, utilizzando la carta di credito aziendale. Tra le voci inserite nella nota spese di Minzolini c’era anche un weekend alle terme di Saturnia da 550 euro a notte in “grand suite”. Una tariffa scontata di un terzo rispetto al listino ufficiale. Non a caso: pochi giorni prima il direttore del centro termale era stato ospite del Tg1. E ancora trasferte in tutto il mondo, da Istanbul a Londra, da Praga a Marrakesh, dove il direttorissimo fu ospite del re Mohammed VI. Una direzione a distanza, la sua, con ben 129 giorni di trasferta, neanche fosse un inviato speciale.
Minzolini chiese e ottenne la carta di credito come “strumento di lavoro da utilizzare per i suoi rapporti con le fonti di notizie”. Uno strumento che, a suo dire, utilizzava già a La Stampa, dove era inviato, e che rientrava nella trattativa con l’ex direttore generale della Rai Mauro Masi per il suo incarico al vertice del telegiornale. Un incarico che, ricorda Minzolini, prevedeva un compenso lordo pattuito di 540mila euro lordi (“il cinque per cento inferiore a quello del mio predecessore”) e che implicava la sua rinuncia alla collaborazione con Panorama (33mila euro l’anno). “Per 18 mesi – insiste Minzolini – nessuno ha obiettato sulle spese da me sostenute per i miei rapporti con le fonti. Poi, improvvisamente, è venuto fuori che la cosa non era contemplata”. E conclude con un attacco allo stesso Masi: “Il suo errore è stato quello di non difendere le scelte che aveva fatto”.