“Amo la storia del Sundance un percorso che parte da un’idea importante e diventa condivisione…”. Arrivano via Twitter le prime tracce dirette della presenza di Giorgio Diritti al Sundance Film Festival di Robert Redford, dove il suo nuovo film, Un giorno devi andare (There will come a day, il titolo internazionale, n.d.r.) è stato proiettato a pubblico e stampa.
Film che, segnalava ieri la stampa da Park City, “purtroppo è passato inosservato dai radar della stampa internazionale: sala praticamente vuota, l’altra sera per la proiezione”, ma che rimane una indubbia presenza di qualità artistica ed indipendenza produttiva tutta made in Italy per un autore che si è fatto strada da sè, mantenendo una propria integrità morale e culturale.
Giorgio Diritti, solitamente riservato e poco mondano, racconta il suo entusiasmo sull’account appena inaugurato del social network, postando diverse foto: una con il gruppo della produzione nel quale appare una Jasmine Trinca in ottima forma, una con l’ufficio stampa internazionale, una con il divin Robert Redford e un’altra infine con uno scorcio di natura dove sono ritratti alcuni pescatori su un lago ghiacciato.
Un giorno devi andare è in concorso nella sezione World Cinema Dramatic. Girato per 11 settimane in Amazzonia e due settimane in Trentino, interpretato da Jasmine Trinca, il film racconta di Augusta, una giovane donna italiana costretta a mettere in discussione le certezze su cui aveva costruito la sua esistenza. Su una piccola barca e nell’immensità della natura amazzonica inizia il suo viaggio accompagnando Suor Franca, un’amica della madre, nella sua missione presso i villaggi indios.
“La cosa più incredibile per me è che qui mi sono sentito a casa – ha spiegato Diritti da Park City – Il Sundance mi ha riportato indietro ai tempi in cui facevo cinema con Ermanno Olmi quando le discussioni sul cinema erano sull’arte e suoi contenuti. Ho capito che Redford ha voluto fare con questo festival un luogo di discussione sull’arte e sul cinema e non sulla sua commercializzazione. Redford non conosceva il mio lavoro, ci siamo conosciuti a pranzo, ho sentito una grande affinità nel modo in cui lui si pone di fronte a certe tematiche cinematografiche”.