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Boutique in locali della Santa Sede. ‘Regalo di Mussolini alla Chiesa’

Secondo il quotidiano britannico Guardian il Duce avrebbe così ricompensato il Vaticano per il sostegno e il riconoscimento ufficiale del regime. L'uomo chiave sarebbe stato Bernardino Nogara, che controllava direttamente, per conto del Papa, il denaro proveniente dal dittatore

Paramenti sacri e alta moda a braccetto. Proprietà di lusso che ospitano boutique e club per gentiluomini nel cuore della capitale inglese sarebbero riconducibili alla Santa Sede. E l’origine di questo enorme patrimonio sarebbe tutto da ricercare “nei fondi che Mussolini diede alla Chiesa per ringraziarla dell’appoggio al regime fascista, prima e dopo quei Patti Lateranensi che hanno forgiato la storia d’Italia”. A rivelarlo, con un vero e proprio scoop, è il Guardian, uno dei principali quotidiani britannici. Ma, ora, “perché tutta questa segretezza?”, si chiede il giornale , con un’inchiesta pubblicata in terza pagina. I giornalisti del quotidiano vicino al Labour hanno infatti contattato imprenditori e persino il nunzio apostolico a Londra, ricevendo però solo dei generici “no comment”. Eppure il Guardian non si è fermato nella sua attività, andando a recuperare archivi storici risalenti alla Seconda Guerra Mondiale, cercando fra le carte e ricostruendo legami “scomodi”, indagando nel buio e fra le boutique e gli indirizzi più esclusivi del panorama londinese.

In Bond Street, a due passi da Buckingham Palace, infatti, ci sono quei locali che ospitano la gioielleria Bulgari, riconducibili al Vaticano. Che, negli anni, avrebbe comprato anche gli uffici della Altium Capital, banca di investimenti fra St. James Square e il Pall Mall, la via dei gentiluomini e dei loro club privati. Il totale degli investimenti londinesi, con qualche propaggine in Svizzera e in Francia, secondo il Guardian sarebbe di oltre 500 milioni di sterline, quasi 650 milioni di euro. Tutti soldi in mano a una società offshore, il cui vero “controllore” rimane apparentemente ignoto, e tutto denaro che ha avuto origine da quei 65 milioni di euro, al cambio attuale, che Benito Mussolini diede al Vaticano per il riconoscimento ufficiale del suo regime fascista. Questo sostiene il quotidiano e finora non è stato ancora smentito. Secondo il Guardian, ora, l’aspetto più “sorprendente” dell’intera vicenda è appunto la “segretezza” che ha interessato le ultime attività della Chiesa.

Che non ha mai smesso di acquistare nuovi edifici, basti considerare che, secondo il quotidiano, nel solo 2006 il Vaticano comprò immobili per oltre 15 milioni di euro. I registri pubblici della Companies House non parlano del Vaticano, ma citano due importanti azionisti: John Varley, un passato di tutto rispetto alla Barclays Bank, e Robin Herbert, della banca d’affari Leopold Joseph. Uomini definiti dal Guardian “due banchieri cattolici molto vicini alla Chiesa” e che si sono rifiutati di rispondere alle domande del quotidiano. La British Grolux Investment, questo il nome della società, ereditò tutto da due compagnie che si unirono nel 1999, la British Grolux Ltd e la Cheylesmore Estates, il cui controllo ultimo era della Profima SA, società svizzera. Una compagnia che – e questo lo rivelerebbero gli archivi storici della Grande Guerra consultati dal giornale – secondo il Regno Unito “portava avanti attività contrarie all’interesse degli alleati”.

E l’uomo chiave, secondo il Guardian, sarebbe stato quel Bernardino Nogara che controllava direttamente, per conto del Papa, il denaro proveniente da Mussolini. Nogara, secondo gli archivi storici, più volte avrebbe cercato di “ripulire” almeno la reputazione dei vari fondi sparsi per il mondo, facendoli passare come svizzeri e quindi “neutrali”, per evitare una messa al bando di questo denaro da parte dei nuovi Stati postbellici. I legami fra la Profima SA e Nogara sono più che certificati, dice il Guardian, quello stesso Nogara che fondò il primo nucleo della Grolux, dove “Lux” sta per Lussemburgo, il primo Paese a costituirsi come “paradiso fiscale” nel 1929. Il quotidiano britannico ha contattato anche il nunzio apostolico a Londra, l’arcivescovo Antonio Mennini, chiedendogli il perché di tutta questa segretezza. Nessuna risposta è arrivata.