Trovato in una cassaforte il patto tra l'ex presidente di Mps e la banca giapponese. La procura indaga su un'intesa che serviva a far sparire dal bilancio un buco di almeno 220 milioni. L'operazione è già costata ai contribuenti italiani mezzo miliardo di aiuti di Stato in più
Il Monte dei Paschi di Siena nel 2009 durante la gestione di Giuseppe Mussari ha truccato i conti con un’operazione di ristrutturazione del debito per centinaia di milioni di euro, di cui oggi i contribuenti italiani pagano il conto. L’operazione è denominata “Alexandria”, dal nome di un contratto derivato simile a quel Santorini, del quale si è parlato tanto nei giorni scorsi e che scolora di fronte all’ultimo cadavere trovato nelle casseforti di Rocca Salimbeni. L’amministratore delegato, Fabrizio Viola, e il presidente, Alessandro Profumo, hanno scoperto solo il 10 ottobre 2012 un contratto segreto risalente al luglio 2009 con la banca Nomura relativo al derivato Alexandria. Quel contratto impone subito una correzione nel bilancio 2012 da 220 milioni, ma i consulenti di Pricewaterhouse ed Eidos stanno studiando per quantificare il buco reale che è certamente più alto: un autorevole ‘uomo del Monte’, sotto garanzia di anonimato, parla al Fatto di 740 milioni di euro. Il contratto (Mandate agreement) di 49 pagine in inglese è rimasto nascosto per tre anni e mezzo in una cassaforte del direttore generale Antonio Vigni, che lo firmò assieme all’ex capo della finanza Gianluca Baldassarri.
Nomura, quando si è vista contestare l’accordo, ha sventolato sotto il naso di Viola e Profumo la trascrizione di una telefonata del luglio 2009 nella quale il presidente di Nomura in Europa, Sadeq Sayed, chiedeva espressamente all’allora numero uno Giuseppe Mussari se i contratti legati all’operazione erano stati correttamente comunicati ai revisori dei conti della Kpmg. Il punto è che due operazioni apparentemente slegate tra loro in realtà erano connesse proprio dal contratto segreto e l’una era il rimborso dell’altra. La prima operazione permetteva a Mps di scaricare su Nomura la perdita di Alexandria e così di abbellire il bilancio 2009. La seconda “rimborsava” i giapponesi in quanto, come si dice nella telefonata, il Monte Paschi “entrerà in un asset swap e due operazioni pronti contro termine a 30 anni legate a tale swap”. Mussari, registrato a sua insaputa, conferma al capo di Nomura che le due operazioni sono legate. Poi risponde che “Kpmg è stata messa al corrente” ma poi aggiunge che non aveva ritenuto di inviare ai revisori di Kpmg il contratto segreto “in quanto non si tratta di un documento relativo alla transazione”.
Il consiglio presieduto da Alessandro Profumo ha già ricevuto una relazione dettagliata di otto pagine dal titolo “Alexandria” (che Il Fatto ha visionato) e una pagina è dedicata anche alle operazioni Santorini e Nota Italia. Alla relazione sono allegate la trascrizione e la traduzione della conversazione Mussari-Sayed su carta intestata Nomura. I consiglieri ne discuteranno il prossimo 24 gennaio, un giorno prima dell’assemblea dei soci che si annuncia infuocata. La storia sembra presa da un libro di John Grisham, ma il giallo finanziario ha una ricaduta immediata sui bilanci dello Stato italiano che ha messo a disposizione i 3,9 miliardi per sottoscrivere i Monti-bond con i quali Mps farà fronte alle sue perdite. Nella sua relazione al Cda, Viola scrive: “A fronte dei possibili impatti patrimoniali derivanti dagli esiti delle analisi relative a tali operazioni strutturate, codesto Consiglio ha deliberato di incrementare di euro 500 milioni (da 3,4 a 3,9 miliardi, ndr) la richiesta al ministero dell’Economia di sottoscrizione dei Monti bonds”.
La relazione prosegue aggiornando il consiglio riguardo “alle attività intraprese (…) in considerazione delle richieste di chiarimento avanzate dalla Banca d’Italia con lettera del 20 novembre”. Richieste preoccupate perché, spiega Viola, “hanno fatto seguito all’inoltro alla Banca d’Italia in data 15 ottobre 2012 di un contratto rinvenuto il 10 ottobre 2012 e sottoscritto già il 31 luglio 2009 tra Mps e Nomura, relativo alla ristrutturazione del titolo Alexandria… (mandate agreement) in proposito si segnala che il Mandate agreement non era presente tra la documentazione consegnata alla Banca d’Italia (…) né ai revisori contabili”. L’amministratore Viola in pratica segnala l’omessa comunicazione all’Autorità di vigilanza commessa dai suoi predecessori e poi spara: “In data 13 dicembre 2012 Nomura ha trasmesso il verbale di una telefonata intercorsa il 7 luglio 2009 tra gli allora vertici di Mps e i vertici europei di Nomura”. La conversazione è in realtà una conference call che si svolge il 7 luglio 2009 alla presenza di nove persone. A Siena ci sono il presidente Mussari e l’ad Antonio Vigni, con i responsabili finanza, Gianluca Baldassarri e contabilità Daniele Bigi, l’unico tuttora rimasto nella sua posizione al Monte dei Paschi. A Londra c’è il presidente di Nomura Europa con quattro dirigenti, due dei quali italiani.
I pm senesi Antonino Nastasi e Giuseppe Grosso, che indagano già sull’acquisizione di Antonveneta nel 2008, stanno cercando di capire se e quali reati siano stati commessi. “Tale verbale – scrive Viola – è stato già acquisito dalla Procura della Repubblica” e anche da Bankitalia e Consob. Viola prosegue spiegando perché il contratto e la telefonata impongono di contabilizzare subito una perdita maggiore di 220 milioni di euro. La ragione del restatement, cioè della correzione contabile è che l’errore era “determinabile sulla base di informazioni esistenti al tempo”. Poi Viola ripercorre la storia del contratto segreto: “Mps decide di migliorare la tipologia del rischio finanziario cui era esposta con il note Alexandria”, un derivato basato sui rischiosi mutui ipotecari. Incredibilmente Nomura, prosegue Viola, “si è resa disponibile a scambiare” questo pessimo investimento “con una credit linked note con sottostante titoli subordinati bancari e garantita da obbligazioni emesse da GE Capital European Fund (più sicure dei mutui ipotecari, ndr) ed è questo scambio a realizzare il miglioramento del profilo di rischio”. No-mura insomma accettava un baratto tra spazzatura e oro (che permetteva a Mussari di chiudere in utile) perché in cambio il Monte comprava i rischiosi derivati di Nomura. Proprio quelli descritti nel contratto segreto.
Da Il Fatto Quotidiano del 22 gennaio 2013