Alla competizione National Cypher Challenge, oltre 6200 ragazzi provenienti da 725 scuole del territorio britannico. "I vincitori di quest’anno hanno dovuto applicarsi molto duramente. L’ultimo codice non era un codice-standard, lo abbiamo modificato in modo tale che nessuno potesse usare dei software dedicati"
Come spingere i giovani all’apprendimento? E se per farlo si usasse addirittura la materia scolastica più odiata da intere generazioni come la matematica? Ci sono riusciti in Gran Bretagna con un successo oltre ogni più rosea previsione. È giunto all’undicesima edizione il National Cypher Challenge, la competizione inglese che ha visto impegnati oltre 6200 ragazzi provenienti da 725 scuole del territorio britannico. A tutti gli effetti si tratta della gara nazionale di crittografia dove i giovani studenti vengono chiamati a decifrare alcuni messaggi postati online in un livello di difficoltà sempre crescente.
“Gli insegnanti mi hanno raccontato che i ragazzi sono stati molto concentrati e coinvolti – ha commentato Graham Niblo, organizzatore del contest e matematico all’Università di Southampton – Alcuni di loro ci hanno lavorato anche da casa e hanno speso molto tempo nei club matematici, posti in cui solitamente non sono soliti andare”. Le sfide matematiche in crittoanalisi e crittografia, ha aggiunto, “continuano ad incuriosire e attirare i giovani, e le competenze che mettono in campo sono sempre più richieste dalle industrie digitali e high- tech”. Nel 2011 il concorso aveva visto la partecipazione di circa 200 team, ma il successo dell’ultima edizione, che si è svolta a fine 2012, ha letteralmente stracciato tutte le aspettative: nonostante l’iscrizione fosse riservata ai soli studenti della Gran Bretagna, sono arrivate 1600 richieste di cui alcune anche fuori confine (Tokyo, Bangkok, Florida, Honolulu).
Nonostante il numero esorbitante di team che ha provato a decifrare i messaggi, solo 30 di loro soni riuscito ad arrivare alla fine del percorso, segno che le sfide proposte sono state impegnative e particolarmente difficili. Il primo messaggio postato online è stato di tipo “Cesare”, uno dei primi cifrari che viene insegnato nelle scuole britanniche, che vede la semplice sostituzione di una lettera, con una successiva dell’alfabeto (ad esempio la A diventa D, la B diventa E, ecc). Il cifrario prende il nome proprio da Giulio Cesare che lo utilizzava per tenere segrete le sue comunicazioni ed è tra gli algoritmi crittografici più antichi di cui si è a conoscenza. La gara è durata quasi due mesi e si è conclusa con un “Trifid cypher”, una combinazione complessa tra anagrammi e parole cifrate con il cifrario di Cesare.
“È stato il quesito che ha richiesto più tempo per essere codificato – ha commentato il professor Niblo -. I vincitori di quest’anno hanno dovuto applicarsi molto duramente. L’ultimo codice non era un codice-standard, lo abbiamo modificato in modo tale che nessuno potesse usare dei software di crittografia”. Nonostante le sfide si siano svolte alla fine dello scorso anno, l’elenco dei vincitori è stato diramato solo qualche giorno fa: a vincere il primo premio è stato un team della scuola “City of London” formato da Samson Danziger, Daniel Hu, Anthony Landau e Charlie Hu che hanno impiegato 44 ore e 20 minuti per decifrare la sfida finale. Il premio IBM è invece andato Andrew Carlotti della scuola Sir Roger Manwood che, da solo, ha impiegato 46 ore e 54 minuti. Il premio Trinity College è stato infine assegnato al team più vincente dell’intera competizione proveniente dalla scuola King Edward VII di Sheffield. La sfida a colpi di cifratura ha entusiasmato anche le università britanniche che, con l’inizio della settimana, hanno deciso di organizzare un concorso interno: i dipartimenti di informatica di Bristol, Birmingham, del College di Londra e della Edinburgh Napier University creeranno dei messaggi criptati che settimanalmente verranno inviati agli sfidanti. La sfida ha lo scopo di accrescere sempre più una cultura in termini di sicurezza informatica, un tema già molto sentito ma che promette di rimanere sulla cresta dell’onda nei prossimi anni.