Se la situazione dell’Ilva non si sbloccherà in pochi giorni, l’azienda potrebbe mettere in cassa integrazione straordinaria da un minimo di 6.000 a un massimo di 8.000 dipendenti, quasi tutti a Taranto. E’ quanto avrebbe riferito ai sindacati il presidente del gruppo siderurgico Bruno Ferrante, in un incontro che si è tenuto oggi nella Prefettura della città pugliese, presente il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini. Il dato è stato riferito dai sindacati stessi. Il ministro Clini non ha parlato di cifre ma ha confermato che “sta per essere presentata una richiesta importante di cassa integrazione da parte dell’azienda”.
Oggi la Procura della Repubblica di Taranto ha espresso parere negativo sulla nuova istanza di dissequestro, presentata ieri dai legali dell’Ilva, dei prodotti finiti e semilavorati che sono fermi nei capannoni dello stabilimento perché, secondo l’autorità giudiziaria, sono stati prodotti in modo illegale, nel periodo in cui gli impianti dell’area a caldo erano a loro volta sotto sequestro. La Procura ha rimesso pertanto gli atti e la decisione al gip del tribunale Patrizia Todisco. Attraverso la nuova istanza, in cambio del dissequestro dei prodotti l’Ilva si impegnava a destinare i ricavi della vendita al pagamento degli stipendi dei lavoratori e agli interventi previsti nell’autorizzazione integrata ambientale per il risanamento ambientale dell’impianto altamente inquinante. Ma dalla procura è arrivato l’ennesimo no.
”Abbiamo avviato iniziative presso il governo per fare in modo che prima dell’incontro tra l’Ilva e i sindacati (previsto per domani ma poi slittato, ndr) ci sia una verifica sui vincoli che limitano la produzione e la commercializzazione dei prodotti”, ha affermato Clini nella conferenza stampa dopo la riunione in Prefettura.
“C’è equilibrio perfetto tra angoscia e fiducia”, è il commento del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. “Siamo vicini al momento della verità – ha aggiunto – e nessuno si senta rassegnato che di fronte al diritto alla salute ci debba essere una deriva dell’attività produttiva dell’Ilva, che rappresenta una deriva sociale senza precedenti”.