“Caro Steven, già il solo stare seduto a parlare con te è stato un autentico piacere (…) nonostante il fascino della figura di Abramo, mi sono sentito come uno spettatore riconoscente che desiderava ascoltare un racconto, piuttosto che una parte attiva dello stesso.”. Con queste parole l’attore britannico Daniel Day-Lewis, premio Oscar come migliore attore nel 1989 per Il Mio Piede Sinistro e nel 2007 per Il Petroliere, rifiutava, una decina di anni fa, la proposta di Steven Spielberg di diventare protagonista del suo lungometraggio dedicato al 16° Presidente degli Stati Uniti d’America.
Lincoln, ultima fatica da regista di Spielberg, è infatti un progetto da lui accarezzato a lungo fin da quando, nel 1999, la vincitrice del premio Pulitzer Doris Kearns Goodwin gli aveva comunicato l’intenzione di voler realizzare un libro. Si tratta di Team of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln, basato sulla vita del politico e di alcuni importanti membri del suo gabinetto, i cui diritti di sfruttamento cinematografico erano stati acquistati dal papà di E.T. ben prima che il tomo venisse dato alle stampe.
Fin dai giorni in cui il film doveva essere un biopic in cui il Presidente era raffigurato come un leader deciso e senza paura, Steven Spielberg ha sempre avuto un solo protagonista in mente: Daniel Day-Lewis, appunto. L’esito finale della vicenda è ormai noto: la collaborazione fra i due ha avuto luogo e tanto Day-Lewis quanto Spielberg si trovano ora a condividere le gioie del riscontro commerciale ottenuto dalla pellicola negli Stati Uniti (oltre 150 milioni di dollari in incassi), quanto le emozioni della nomination agli Oscar. E anche per il filmmaker c’è chi parla di statuetta: fra le docici nomination ricevute dal lungometraggio figura anche quella come Miglior Regista, riconoscimento già vinto dall’autore grazie a Schindler’s List e Salvate il Soldato Ryan. Ma se la pellicola dovesse vincere anche come Miglior Film, sarebbe anche l’occasione per veder premiata per la prima volta anche la produttrice Kathleen Kennedy, da poco passata alla guida della Lucasfilm dopo l’acquisizione di quest’ultima da parte della Disney, ma ancora molto legata al regista di Cincinnati.
In arrivo il 24 gennaio nei cinema italiani, Lincoln permette di scoprire, attraverso la cronaca degli ultimi quattro mesi di vita del Presidente, come gli Stati Uniti d’America siano arrivati a mettere fuori legge la schiavitù attraverso l’approvazione del XIII Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America. Per promuovere il film sono intervenuti la settimana scorsa a Roma, in incontri stampa a blindatissimi, gli stessi Steven Spielberg e Daniel Day-Lewis con l’aggiunta di Sally Field, attrice che i più ricorderanno nei panni della mamma di Forrest Gump e che, nel biopic spielberghiano, veste i panni della First Lady Mary Todd Lincoln.
Durante la giornata, il regista ha smentito, tra le altre cose, di essere interessato alla regia di un film sulla vita di Silvio Berlusconi e che in futuro, se mai esisterà la possibilità, collaborerebbe volentieri col suo amico Roberto Benigni. I tre artisti hanno poi visitato Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica Italiana. Chissà cosa penserebbe l’Onesto Abramo di questa visita…
di Andrea Bedeschi