Con ancora un mese di campagna elettorale a separarci dalle elezioni, il nostro paese si ritrova nel bel mezzo di una delle battaglie politiche, più incerte e affollate della sua storia. I temi fin qui toccati dai tanti candidati alla presidenza del Consiglio, tuttavia, sono stati pochi e l’impressione è che non cambieranno da qui al voto. Il che è un peccato, perché il prossimo governo si troverà subito a fare i conti con alcune questioni su cui nessun candidato si è ancora pronunciato. Una di queste è la scadenza degli incentivi pubblici a sostegno dell’energia solare fotovoltaica.
A fine 2011 l’Italia era il secondo paese al mondo per produzione potenziale di energia solare: un risultato invidiabile per un paese che nel 2005 era fermo al palo. Il merito di questo boom è stato dei ricchi incentivi assicurati a partire del 2005 dal Conto energia, un sistema di finanziamento presente in tutta Europa che, per 20 anni, assicura fondi pubblici a sostegno della produzione di energia fotovoltaica.
Fino al 2012 gli incentivi italiani erano particolarmente alti se paragonati al resto d’Europa, a dispetto del crollo dei costi di produzione e di installazione dei pannelli registrato negli ultimi anni. Quando nell’agosto 2012 il ministero dello Sviluppo economico guidato da Corrado Passera ha rivisto al ribasso gli incentivi, quindi, in pochi sono rimasti sorpresi. Più inaspettata è stata invece un’altra scelta del governo: l’introduzione di un tetto pari a 6,7 miliardi di euro al totale degli incentivi versati annualmente a sostegno del fotovoltaico. Una volta toccata quella soglia, in altre parole, nessun nuovo impianto potrà contare su finanziamenti pubblici.
Il raggiungimento del tetto è ormai questione di settimane. Le ultime stime prevedono che la ghigliottina cadrà tra febbraio e marzo prossimi: tra poco più di un mese installare dei pannelli solari sarà molto meno conveniente.
Qualche anno fa le conseguenze della fine degli incentivi sarebbero state disastrose. I costi del solare sarebbero stati troppo alti per competere con petrolio, gas, carbone o nucleare. Pregi e difetti di sette anni di Conto energia sono spiegati nell’ultimo lavoro di Quattrogatti.info che trovate qui sotto, ma non c’è dubbio che è solo grazie agli incentivi pubblici se l’Italia produce il 6% della sua elettricità dai pannelli fotovoltaici e ha creato un settore che impiega 20 mila lavoratori diretti con un’età media di 35 anni.
Negli ultimi anni lo scenario è però cambiato, in molti versi per il meglio. Grazie a pannelli sempre più economici ed efficienti, già nel 2013 il sud Italia può diventare una delle prime regioni al mondo in cui, per gli impianti più grandi, produrre energia solare costerà quanto farlo da fonti tradizionali anche senza aiuti dallo stato. Nel giro di un paio d’anni sarà così anche per gli impianti medi e domestici.
I tempi sono quindi maturi per staccare la spina dal Conto energia? Molti operatori del settore temono di no. Il fotovoltaico italiano sta già scontando gli effetti della crisi economica e del robusto taglio agli incentivi operato da Passera lo scorso agosto. Nel 2012 il settore ha ridotto gli organici del 24% e pare perderà un ulteriore 7% a inizio 2013. Con costi iniziali nell’ordine dei 10.000 euro per un impianto domestico, si teme un crollo verticale degli ordini in assenza di contributi pubblici.
Come si comporterà il nuovo governo quando, nel bel mezzo dei giuramenti d’insediamento al Quirinale, il Conto energia scadrà? Tra emissioni di CO2 da tagliare e costo di gas e petrolio in aumento, il fotovoltaico è ancora una priorità a qualsiasi costo o è tempo di guardare altrove? Qual è la posizione dei big – Bersani, Monti, Berlusconi, Grillo – su questi temi? Saperlo prima del 24 febbraio non guasterebbe.
Di Riccardo Patrian