A volte ritornano. A chi pensava che lo scontro tra Renzi e Bersani sulla rottamazione nel Partito democratico, avesse portato come conseguenza certa il “pensionamento” di alcuni big come Massimo D’Alema e Walter Veltroni, il segretario risponde dal salotto televisivo di Agorà: “In caso di vittoria del Pd nel governo si vedrà una nuova generazione, ma personalità come D’Alema e Veltroni non scompariranno“. Bersani si rifiuta di fare il “toto-governo” ma chiarisce di non vedere la pensione nel futuro politico di queste due personalità”. “Nel nuovo governo – spiega il segretario – si vedrà fisicamente che sta arrivando una nuova generazione, ma la mia idea è che la mia generazione dà una mano a far girare la ruota, ma non scompare”.
Ringrazia, dagli studi radiofonici di Rtl 102.5, uno dei diretti interessati. ”Se si riterrà che io possa essere utile, mi verranno chiamare. E quando ti cercano e ti chiedono di fare una cosa fa sempre piacere”, spiega Massimo D’Alema che nell’ottobre scorso aveva annunciato il ritiro dalla scena politica proprio alla vigilia del big match tra Bersani e il sindaco di Firenze Renzi. “A me – premette l’ex ministro degli Esteri – piace fare politica, e come può vedere io pur non avendo alcun incarico né essendo candidato alle elezioni, faccio politica. Non esiste nessun rapporto tra il ruolo politico che una persona svolge e il posto, perché dipende da prestigio, credibilità e autorevolezza di un persona, cose non necessariamente legate al posto”. D’Alema utilizza argomenti già più volte espressi sottolineando di avere già molte occupazioni “politiche”, dalla presidenza “della principale istituzione culturale della sinistra europea” alla guida del Partito socialista europeo: “Ho un ufficio a Bruxelles, non sono disoccupato né in cerca di un’occupazione”. Insomma, non è D’Alema ad aver bisogno di essere chiamato, è il Pd a chiamare per “far girare la ruota”.
Intanto non accenna a placarsi la polemica tra Bersani e il presidente del Consiglio uscente Mario Monti: “Ci hanno criticato perché non siamo tecnici, e poi si è visto chi è il tecnico”, polemizza il segretario Pd ribadendo come, una volta arrivato al governo, si aspetti di trovare “polvere sotto il tappeto”: “In un anno che sarà ancora di recessione, mi chiedo – domanda ironico Bersani – se siamo a posto con gli ammortizzatori sociali”. Il segretario risprende il nodo degli esodati, terreno di scontro tra democratici e tecnici: “Quando sento dimenticare con troppa facilità certe questioni mi inalbero. Sull’agenda Monti vorrei fosse scritta anche la parola ‘esodati’“. Inoltre, Monti “dovrebbe chiarire i meccanismi di decisione all’interno della sua coalizione, come ha fatto il centrosinistra, e se in Europa siederà nel Partito popolare europeo insieme a Berlusconi e Orban”.
Sembrano quindi lontani i tempi in cui si profilava un patto di non belligeranza tra Pd e Scelta civica per l’Italia. L’accordo tra Bersani e Monti per neutralizzare Berlusconi dato in rimonta nei sondaggi sarebbe dovuto passare attraverso la gestione concordata delle presenze televisive, punto di forza del Cavaliere. Invece, a partire dalla puntata di Ballarò del 22 gennaio, il professore e il segretario Pd hanno cominciato a rintuzzarsi a vicenda. “Non ho fiducia né in Bersani né in Berlusconi”, ha attaccato Monti ospite di Raitre. “Non voglio che mi faccia le pulci chi non pronuncia nemmeno la parola ‘esodati’“, ha risposto Bersani. E poi ancora il Professore che da Davos prende di mira la Cgil: “La riforma del lavoro non è andata avanti abbastanza per colpa di un sindacato che ha resistito decisamente al cambiamento e non ha firmato accordo che gli altri avevano firmato”. Controcanto di Bersani: “E’ ridicolo parlare di eterodirezione della Cgil sul Pd. Mi stupisco che Monti usi certi luoghi comuni insufflati dalla destra”.
Sullo sfondo dello scontro tra Monti e Bersani il tema delle alleanze e l’avanzamento nei sondaggi di altri partiti slegati dalla logica bipolarista come Rivoluzione civile di Antonio Ingroia. Contro di lui il Pd preferisce rinsaldare il patto con Sel di Nichi Vendola: “Chi crede che dopo il voto mollerò Sel – ha detto Bersani sempre ad Agorà – se lo tolga dalla testa”. Da parte sua Vendola garantisce fedeltà: “Io sono vincolato dalla Carta ‘Italia bene comune’, l’ho sottoscritta e la rispetterò dalla prima all’ultima riga, voglio essere fattore di stabilità”, ha detto il leader di Sel in conferenza stampa con Bruno Tabacci.