Squilli di tromba e picchetti a terra, Silvio è tornato. “Me l’hanno piazzato qui due settimane fa e m’hanno detto di venderlo, ma questo nessuno lo compra e alla fine son costretta a esporlo pur di liberarmene”. Lo racconta una perplessa edicolante di Milano che s’è ritrovata tra le mani una dozzina di copie di “Noi amiamo Silvio”, la biografia apologetica di Silvio Berlusconi. Il libro fotografico con le gesta dell’ex premier è in vendita “nelle migliori edicole” a un prezzo imbattibile. Attenzione, non una banale ristampa o una versione aggiornata, ma proprio l’originale e introvabile edizione di tre anni fa. In altre parole, un fondo di magazzino riemerso dai sotterranei delle Peruzzo Editore in piena campagna elettorale.
L’operazione appare tanto goffa e spregiudicata che perfino lo Snag, il sindacato autonomo dei giornalai aderente a Confindustria, la guarda di traverso. Il presidente Marco Abbiati parla di una “bieca manovra dalle modalità distributive palesemente abusive, con l’aggravante dell’alterazione del prezzo con uno sticker. Come vendere uno yogurt scaduto cambiando l’etichetta”. Quanto livore. Per gli amanti del genere, nostalgici e camerati delle Libertà però la notizia è che “Noi amiamo Silvio” è tornato in edicola. L’effetto che suscita però sembra lontano da quello cercato. A sfogliarlo oggi sembra una caricatura dello stesso Berlusconi, involontaria testimonianza del suo declino che solo una propaganda grottesca può tentare di rivendere. Un deperimento che si misura a partire dal prezzo in copertina: tre anni fa il l’agiografia di Silvio veniva venduta a 9,90, oggi viene via per la metà. Insomma le quotazioni di Silvio sono in picchiata.
Non è molto invece se invece lo si considera qualcos’altro, ad esempio un manuale di Photoshop. Sfogliandolo, del resto, saltano all’occhio errori cronologici e orrori storici, forzature retoriche e fotoritocchi a non finire che suscitarono ilarità e sfottò già all’epoca, ma che vengono propinati tali e quali oggi. Il presidente – per dire – non ha mai una ruga, i suoi capelli scompaiono e ricompaiono a discrezione del chirurgo o del grafico. Pagina dopo pagina non invecchia, lui ringiovanisce.
Non c’è molto da cercare. La prima foto immortala Silvio in una piazza Duomo gremita di popolo. Era il 18 aprile 2008, l’attacco di Tartaglia era ancora lontano. Silvio tiene in mano un mazzo di fiori (disegnato in modo posticcio con Photoshop) e sotto di lui la folla che uno zelante grafico ha voluto raddoppiare: due click e i signori a destra della piazza si ritrovano anche a sinistra. Le didascalie grondano miele, sembra di sentire le voci dell’Istituto Luce. “Berlusconi, come di consueto, si protende per stringere le mani a tutti”, recita quella che immortala un momento della campagna elettorale a Viterbo del 2008. Ma ecco Silvio nelle case terremotate dell’Abruzzo. E la didascalia sottolinea: “il presidente riesce finalmente a strappare un sorriso a una bambina dopo tanta angoscia”, e ancora “il presidente ritratto in un gesto d’affetto a un piccolo terremotato”.
Resta da capire chi è il mandante. Per i più maligni sarebbe proprio il protagonista del libro, Silvio Berlusconi, che all’esordio della campagna elettorale ha annunciato una stretta ai cordoni della borsa: niente maxi-affissioni, molta tv e Internet che non costano, zero comizi in piazza. E allora anche il libro riciclato potrebbe rientrare in questa logica, così come il contratto con gli italiani del 2007 rispolverato e corretto. L’editore Alberto Peruzzo, cercato, non ha risposto. Tre anni fa però spiegava vergando di suo pugno l’iniziativa editoriale con questa dedica all’amico Silvio: “Come editore, libero da ogni legame politico, e come amico, dedico questo libro a Silvio Berlusconi. Le immagini che lo compognono testimoniano il suo impegno a livello nazionale e internazioanle teso a rendere l’Italia un paese sempre più libero e democratico e in prima liena tra le potenze mondiali”.
Parole testuali che proseguono così: “Questo libro documenta la sua capacità di incontrare e comunicare con la gente, che non manca di tributargli stima e apprezzamento per la prontezza e determinazione nell’affrontare e risolvere le situazioni d’emergenza, dando concreti segnali di speranza”. Tre anni più tardi la storia di Silvio è piena di fallimenti, costellata di gaffe istituzionali e vicende imbarazzanti. Forse per questo si è pensato di non aggiornare l’edizione che avrebbe dovuto contemplare (almeno) il passaggio della campanella ai tecnici che ha certificato la brutta fine del “buon governo”. Meglio che gli italiani continuino ad avere davanti agli occhi il presidente che fu, piuttosto che quello del Bunga Bunga.