Il ministro del Tesoro che insieme a Monti tanto si è mosso per avere il via libera Ue ai 3,9 miliardi di fondi pubblici, ammette: "Conoscevamo le problematicità già da un anno". Poi frena sugli aiuti che diventano "eventuali". Titolo ancora a picco in Borsa: -8,19% e il cda insiste col paradosso: "Situazione sotto controllo, ma verifiche ancora in corso". Berlusconi: "Affetto per la banca, ha finanziato la costruzione di Milano 2"
“La situazione di Mps non è una novità, non è un fulmine a ciel sereno. Conoscevamo le sue problematicità già da un anno. Non ho evidenza di problemi in altre banche. Sui controlli dico solo che sono di competenza di Banca d’Italia”. Il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, che insieme a Mario Monti nei mesi scorsi tanto si è speso per far avere tempestivamente i 3,9 miliardi di aiuti di Stato al Monte dei Paschi di Siena anche contro le regole comunitarie, ha così rotto il silenzio sul caso senese scaricando anche lui il barile. Questa volta sulla vigilanza.
“I controlli non li abbiamo fatti noi. Bankitalia è l’autorità che può dare informazioni e chiarimenti”, ha detto precisando che “da questo governo nessuna risorsa pubblica è affluita al Monte dei Paschi e perché ciò avvenga ci dovrà essere una esplicita richiesta, le necessarie autorizzazioni e quindi l’approvazione dell’assemblea”, formalità che però sono in parte in calendario per domani all’assemblea straordinaria dei soci della banca senese, mentre tutto l’impianto dell’erogazione degli aiuti, dopo gli ultimi aggiustamenti, è stato fatto approvare in fretta e furia dal Parlamento prima di Natale. E nessuno prima di oggi aveva messo il condizionale davanti all’erogazione dei 3,9 miliardi. Giusto l’Ue che è in attesa di un piano industriale, ma che ha in linea di massima approvato il salvataggio prima di Natale.
L’EVENTUALITA’ DEGLI AIUTI. “Per quanto riguarda eventuali progetti di aiuto, il Parlamento ha approvato una legge coerente con le indicazioni delle autorità di vigilanza europea e della Commissione europea”, ha aggiunto a tal proposito inserendo per la prima volta il concetto di eventualità di erogazione dei Monti bond a Mps e senza ricordare che la quadratura tra il disegno originario italiano e le disposizioni comunitarie non è stata facile da trovare. ”Noi ci teniamo in contatto con le autorità di vigilanza e aspettiamo di avere una situazione dettagliata. Quando avremo una analisi seria e approfondita saremo in grado di fare delle valutazioni”, ha concluso Grilli che nel 2011 si era tanto speso (senza successo) con l’amico Massimo Ponzellini per arrivare proprio alla guida della Banca d’Italia.
Contestualmente il ministro ha disposto la pubblicazione sul sito del Tesoro del decreto di dicembre che ha definito e autorizzato l’erogazione degli aiuti di Stato al Monte dei Paschi di Siena attraverso i cosiddetti Monti bond, emissioni a cura della banca che verranno sottoscritti dal dicastero di Grilli per un totale di 3,9 miliardi di euro (somma che per metà copre gli 1,9 miliardi del precedente sostegno pubblico accordato alla banca dall’ex ministro Giulio Tremonti), più gli interessi per circa 550 milioni relativi al 2012 e al 2013. Separatamente un comunicato del ministero ha ripercorso l’iter per l’erogazione delle obbligazioni ricordando che “ad oggi, la sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari non è avvenuta, perché non si sono ancora verificate alcune delle condizioni necessarie per completare l’operazione. In particolare, occorre in primo luogo l’adozione da parte dell’assemblea degli azionisti di Mps, convocata per domani venerdì 25 gennaio, della delibera che delega il consiglio di amministrazione ad effettuare l’aumento di capitale al servizio dell’eventuale conversione in azioni dei Nuovi Strumenti Finanziari. In secondo luogo, l’acquisizione da parte del MEF del parere della Banca d’Italia che dovrà pronunciarsi, tra l’altro, sull’adeguatezza patrimoniale attuale e prospettica dell’istituto di credito”.
LO SMEMORATO TREMONTI. Sul tema non è mancato poi un intervento del predecessore di Grilli. “Monti vada in Parlamento, riferisca e dica al Paese cosa è successo”, ha detto Tremonti a margine della presentazione delle liste della Lega nord per le quali è candidato capolista al Senato. “Il Parlamento aveva bocciato quella norma e Monti su quella norma ha messo la fiducia, pertanto è il minimo che venga e ci spieghi che cosa ha fatto, anziché andare a Davos a raccontare agli illuminati suoi soci cosa sarebbe successo, venga e ci dica che cosa ha fatto”, ha detto in riferimento all’emendamento allunga-debito che ha concesso a Mps il pagamento degli interessi sui Monti bond con nuovi debiti, che però in origine era stato proposto congiuntamente da Pd e Pdl e riproposto con una correzione dopo la bocciatura della Ragioneria dello Stato. A chi gli chiedeva che cosa ora sarebbe opportuno fare, Tremonti ha risposto: “Devo avere tutti i dati, però se lo Stato dà i soldi, lo Stato in contropartita deve avere la proprietà“.
Nessuna parola, invece, sulla firma apposta dal professore di Sondrio sotto un’autorizzazione piuttosto delicata e anomala concessa nel 2011 alla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, azionista di controllo della banca toscana: il via libera a indebitarsi per 600 milioni di euro per finanziare l’aumento di capitale da 2,1 miliardi di euro della banca senese di quell’estate, che sarebbe dovuto servire anche a rimborsare i Tremonti bond. Cosa che però non è avvenuta, mentre l’ente bancario è a sua volta sprofondato in una profonda crisi proprio a causa di quel debito, complice lo stato di salute di Mps i cui titoli erano stati dati in pegno a garanzia del prestito. A pagare il conto sono stati ancora una volta i cittadini, che hanno dovuto fare a meno di buona parte delle erogazioni al territorio della fondazione, la quale è venuta meno al suo scopo statutario – svolgere attività filantropiche – per cercare (senza successo) di continuare a fare una cosa che non era tenuta a fare, l’azionista di maggioranza di una banca. Scelta che le è costata l’azzeramento del patrimonio.
LO SCARICABARILE CONTINUA IN BORSA E NEI COMIZI. Intanto in Borsa prosegue il tracollo del titolo Mps in profondo rosso da tre giorni. Il titolo, dopo una sospensione per eccesso di ribasso in fase di apertura, ha ceduto l’8,19% a 0,23 euro e ha portato le perdite delle ultime tre sedute a oltre il 20 per cento. Record di scambi, con 821 milioni di pezzi trattati, pari al 7% del capitale, contro il 6% della vigilia e al 5% del giorno prima. Parallelamente in mattinata è proseguita la polemica politica attorno al caso che ha portato alle dimissioni dall’Abi dell’ex presidente del Monte Giuseppe Mussari.
E’ stato di nuovo il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, a intervenire, rispondendo alle polemiche sollevate ieri da Roberto Maroni e dalla Lega Nord. Il segretario dei democratici: “A Maroni che ha parlato a nome della Lega dico solo una parola: Credit Nord“. Il riferimento è a Credi Euronord, la banca legata al Carroccio salvata nel recente passato. “Il Pd non c’entra niente”, ha poi ripetuto Bersani dagli studi di Agorà.
Mps, ha ricordato, “ha un governo, una fondazione con gli enti locali, e questo fatto non è un’esclusiva di Siena, anche a Verona per esempio è così. Gli enti locali hanno un potere di indirizzo e non di gestione, e anzi il comune di Siena ha lavorato al cambiamento”. Il problema, secondo il segretario del Pd, sono i prodotti derivati: “Abbiamo sempre chiesto una limitazione drastica di questo strumento – ha sottolineato – ma non avendo la maggioranza in Parlamento non ci siamo riusciti. Se vogliono fare la campagna elettorale con questo, non gli basterà”.
L’AFFETTO DI B. E LE LODI DI D’ALEMA. A fianco della banca e delle scelte dei tecnici sul suo salvataggio, invece, è sceso in campo Silvio Berlusconi.“E’ una coincidenza casuale a cui non si deve dare molta importanza”, ha detto il leader del Pdl ai microfoni di Radio 2, in merito al fatto che il gettito della prima rata dell’Imu sia di fatto coincidente con l’entità del prestito promesso dal governo al Monte dei Paschi. Del resto Berlusconi è uno dei correntisti di riguardo dell’istituto senese. E non solo per i movimenti noti alle cronache del conto 129 presso l’agenzia di Segrate (Mi) dell’istituto toscano a lui intestato.
A ripercorrere per sommi capi il filo che da anni lega il Cavaliere a Rocca Salimbeni è stato lo stesso Berlusconi che dichiara di nutrire un “affetto particolare” per Mps. “In occasione delle mie prime puntate da imprenditore mi concesse mutui per costruire Edilnord, Milano2 e Milano3 e l’affetto era tale che risultai come l’unica società cui ancora Mps concedeva mutui premiando la mia tempestività nei pagamenti”, ha raccontato Berlusconi. “Ho una particolare disposizione d’animo e non conosco la situazione, non voglio espormi a dare un commento o un giudizio su una situazione che non cosnosco in tutti i particolari e che è legata a un istituto cui voglio bene”.
“Non credo che la vicenda del Monte dei Paschi di Siena possa condizionare la campagna elettorale, al di là delle strumentalizzazioni. Non vedo cosa c’entri con la campagna elettorale l’indagine che è in corso per accertare se sono stati compiuti degli illeciti al Monte dei Paschi”, ha poi rotto il silenzio Massimo D’Alema, storico sponsor di Mussari. “La Fondazione Monte dei Paschi è posseduta dalle istituzioni locali senesi. Non è un retroscena, lo dice la legge. Evidentemente il sindaco di Siena e il presidente della Provincia se ne sono occupati negli anni perché è un loro dovere istituzionale. Vorrei anche sottolineare – ha proseguito – che la Fondazione Monte dei Paschi ha provveduto, oltre un anno fa, a cambiare completamente la governance della banca, quindi si dovrebbe anche lodare da questo punto di vista. Accerteranno i magistrati quello che è successo”.
IL PARADOSSO DEL CDA DELLA BANCA E LO SCONCERTO. La situazione di Mps ”è completamente sotto controllo”, manda a dire il consiglio di amministrazione della banca che da giorni ripete che l’incremento di 500 milioni di euro di aiuti di Stato via Monti Bond richiesto a sorpresa a fine 2012, assicurerà la copertura “degli impatti patrimoniali” derivanti dai derivati, compresa l’operazione con Numura rivelata dal Fatto Quotidiano il 22 gennaio. L’analisi delle operazioni di finanza tossica, però, come più volte dichiarato dallo stesso istituto, verrà sottoposta al consiglio di amministrazione soltanto entro metà febbraio. Quindi bisognerà aspettare quella scadenza per avere il saldo finale del buco.
Largo, intanto, al contrattacco. “Prendendo atto delle continue esternazioni da parte di numerosi personaggi pubblici ed esponenti politici tese a strumentalizzare le vicende legate all’emissione dei Nuovi Strumenti Finanziari (gli aiuti di Stato in arrivo via Monti bond), esprime il suo profondo sconcerto per la leggerezza con la quale viene trattato il tema della ricapitalizzazione della Banca”, scrivono gli amministratori di Siena in una nota. “Anche la vicenda della ristrutturazione del portafoglio titoli, avviata su iniziativa di Mps stessa e non da soggetti terzi, viene descritta con toni e termini assolutamente inappropriati che ingenerano nel pubblico e nel mercato una percezione di instabilità e di rischio che non sussiste alla luce della piena e normale operatività della Banca”, continua per poi tornare alla linea usuale e al paradosso degli ultimi giorni.
“Mps ribadisce quanto già comunicato in precedenza, ovvero che la necessaria richiesta del supporto pubblico ai fini dell’EBA capital exercise (i nuovi parametri di patrimonializzazione comunitari, ndr) si riconduce prevalentemente alla crisi del debito sovrano che ha ridotto il valore del portafoglio titoli di stato italiani detenuti dalla Banca, e solo in misura minore anche all’attività di verifica ancora in corso sulle operazioni Alexandria, Santorini e Nota Italia di cui tutti parlano. Si sottolinea anche che il miglioramento dello spread riduce il deficit di capitale per il quale il supporto è richiesto”.
Tradotto in soldoni, quindi, la richiesta di aiuti pubblici dipende dai vincoli imposti dall’Europa, rispetto ai quali Mps non è adeguata soprattutto perché i titoli di Stato italiani che ha in portafoglio (circa 22 miliardi) hanno perso valore con la crisi. Il problema delle operazioni di finanza tossica venute a galla in queste settimane, invece, è minimo. Garantito, anche se le verifiche sono ancora in corso. E se non fosse chiaro, la nota ribadisce il concetto in modo ancor più diretto: “Come evidenziato in precedenza, tale richiesta di supporto pubblico garantisce in modo inequivocabile l’adeguato presidio patrimoniale della Banca e quindi usare termini impropri quali “crac” o “fallimento”, evidentemente privi di ogni fondamento, con riferimento a Mps, danneggia i clienti, i dipendenti, gli azionisti e tutti gli stakeholder della Banca stessa”.
LA CITTA’ IN FERMENTO. E mentre il consiglio di amministrazione di Mps “è sereno e consapevole di aver avviato, attraverso il nuovo management, un percorso di discontinuità e profondo risanamento che porterà al pieno rilancio della Banca”, altrettanto non si può dire per la città del Palio in attesa dell’assemblea straordinaria di venerdì 25 gennaio proprio sul tema degli aiuti di Stato. Alla quale si guarda dopo l’ennesimo rinvio dell’udienza preliminare per l’inchiesta sull’aeroporto di Ampugnano che doveva decidere sul rinvio a giudizio dell’ex presidente della banca, Giuseppe Mussari.
L’assise si annuncia infuocata. Non tanto per la presenza di Beppe Grillo, dei rappresentanti del partito di Oscar Giannino, della Lega Nord con Mario Borghezio, quanto perché questa è la prima occasione per molti piccoli azionisti senesi di chiedere conto, di domandare ai nuovi vertici quale sarà il futuro della loro banca. E anche se ci saranno ancora i soldi per il Palio, per le squadre di calcio e di basket e per gli enti locali, che controllano la maggioranza della Fondazione (Comune e Provincia nominano 13 consiglieri su 16), azionista di maggioranza della banca.
Le dimissioni, nel giugno scorso, dell’ex sindaco e storico sostenitore di Mussari, Franco Ceccuzzi, ora fresco vincitore delle primarie del centrosinistra e, perciò, ad oggi candidato a succedere al commissario prefettizio dopo le elezioni del prossimo maggio, hanno fatto esplodere la necessità di fondi per garantire anche in futuro servizi essenziali come gli asili nido o l’assistenza agli anziani.