“Tolleranza e opportunità, dignità e giustizia”, scandiva solenne lunedì Barack Obama davanti agli 800 mila di Capitol Hill. Nel discorso di insediamento in cui tracciava le linee guida del suo secondo mandato, il presidente nero indicava nei diritti civili lo strumento per dare un nuovo slancio al suo ruolo alla guida della Casa Bianca, ridisegnava il ruolo degli immigrati, affermava netto il diritto all’uguaglianza della comunità gay. Ma l’America descritta da Obama è un paese in cui diventa giorno dopo giorno più difficile esercitare la libertà di scelta e in cui è più facile comprare una mitraglietta AK-47 che abortire. A 40 anni dalla sentenza della Corte Suprema che rendeva l’aborto legale, la guerra degli anti-choice non si ferma: negli ultimi 2 anni – secondo il Guttmacher Institute – in 30 Stati sono stati approvate 135 leggi ispirate dal partito Repubblicano che rendono sempre più difficile esercitare il diritto di scegliere se interrompere o meno una gravidanza.
In Mississippi ne è rimasta soltanto una. Ma anche la Jackson Women’s Health Organization, l’ultima clinica in cui si pratica l’aborto nello Stato, è destinata a chiudere presto: una legge firmata ad aprile dal governatore repubblicano Phil Bryant stabilisce che i medici possono lavorare in una struttura privata solo se possiedono l’abilitazione ad esercitare in ospedale e dei tre specialisti della Jackson Women’s soltanto uno ne è in possesso. La strategia è chiara: lo scopo dei pro-life non è quello di cambiare o abrogare la legge a livello federale, ma indebolirla e asfissiare il diritto introducendo Stato per Stato una lunga serie di restrizioni, in modo da rendere l’aborto sempre più difficile da scegliere e da praticare. Il 2011 e il 2012, scrive thinkprogress.org, sono stati i due anni peggiori per la libertà di scelta delle donne dal 1973, anno in cui la sentenza Roe v. Wade riconobbe il diritto di abortire. I metodi sono i più vari.
Il più diffuso è la Targeted Regulation of Abortion Providers: imporre alle cliniche restrizioni e costi di gestione sempre maggiori, che fanno alzare i prezzi dei trattamenti. “Ora la legge mi obbliga ad avere un bagno ogni 6 pazienti, 7 metri quadri di spazio per ogni letto e corridoi larghi 1,8 metri – ha raccontato a Businessweek Reneé Chelian, 61 anni, proprietaria di una delle migliori cliniche di Detroit, in Michigan, 19 operazioni al giorno – I miei sono larghi 1,6 metri e i lavori mi costeranno circa un milione di dollari. Questo mi costringerà ad alzare i prezzi, con le pazienti che già fanno fatica a trovare i 325 dollari necessari per farsi operare. Così sempre più gente sceglierà di andare ad abortire chissà dove”. “La stretta serve per tutelare le donne che, malauguratamente, scelgono la strada dell’aborto”, ha spiegato Rebecca Mastee, attivista della Michigan Catholic Conference. Ma lo scopo è un altro: “Il mio obiettivo – ha detto il governatore del Mississippi l’11 gennaio – è di far chiudere la Jackson Women’s Health Organization”.
L’aria è cambiata dopo che nelle elezioni di mid term del 2010 Obama perse il controllo della Camera. Con il vento repubblicano che prese a spirare su tutto il paese, nel 2011 in 24 Stati furono approvate 92 leggi che restringono l’accesso alla pratica. E altre 43 vennero approvate in altri 19 Stati nel 2012. Ora in 34 Stati le donne che vogliono abortire sono obbligate a rivolgersi ad un consultorio; in 24 di questi devono aspettare 24 ore prima di incontrare lo psicologo. Il periodo di attesa è di 72 ore nello Utah, dove però non bisogna aspettare neanche un minuto per entrare in possesso di una pistola. Anche in Arizona, Missouri, Mississippi e Texas le leggi rendono più facile comperare un fucile d’assalto che abortire. Lo scopo dei legislatori pare quello di dare modo alla donna di tornare sui propri passi, ma secondo una ricerca pubblicata dalla rivista Perspectives on Sexual and Reproductive Health, l’87% delle pazienti non cambia idea dopo il consulto. La legge vieta di abortire oltre la 24a settimana di gravidanza, ma molti Stati repubblicani stanno tentando di spostare il limite alle 20 settimane basandosi sulla teoria, molto discussa, secondo cui il feto comincerebbe a provare dolore in quel periodo. In 7 Stati il limite è già in vigore e in altri 3 – Arizona, Georgia e Louisiana – sono stati emanati decreti che vietano il late term abort persino se la salute della madre è in pericolo. “Quando i tempi cambiano, dobbiamo cambiare anche noi”, ha scandito Obama lunedì. Eppure, nonostante 7 americani su 10 pensino che l’aborto sia un diritto (sondaggio di Wall Street Journal e Nbc News), c’è un’America che decide di non cambiare e non vuole che la libertà di scegliere diventi un diritto reale.