Senza fare nomi il procuratore di Parma Laguardia ammette che tra le pagine dell'inchiesta Public Money vennero fatti tentativi di sostituire i nomi al comando delle Fiamme Gialle “da chi aveva interesse” con l’obiettivo di rallentare il lavoro della Procura
Nel bel mezzo delle indagini dell’inchiesta Public Money ci furono pressioni dall’alto per trasferire il comandante della Guardia di Finanza di Parma Guido Maria Geremia. A quasi due settimane dall’operazione che ha portato agli arresti domiciliari l’ex sindaco Pietro Vignali, il capogruppo del Pdl regionale Luigi Giuseppe Villani, l’ex amministratore della società Stt Andrea Costa e l’editore parmigiano Angelo Buzzi con l’accusa di peculato e corruzione, spunta un nuovo inquietante retroscena. Per tentare di arginare le indagini con cui da mesi gli inquirenti stavano alle costole degli amministratore della città ducale, qualcuno cercò addirittura di cambiare i vertici delle Fiamme gialle, con un trasferimento, forse addirittura una promozione.
La conferma arriva direttamente dal procuratore capo Gerardo Laguardia: “Nel corso delle indagini ci furono tentativi di trasferire il comandante con pressioni ai vertici della Finanza”. Il procuratore non fa nomi dei responsabili, ma si limita a dire che i tentativi vennero fatti “da chi aveva interesse”, con l’obiettivo sempre di rallentare il lavoro delle Fiamme gialle e della Procura. Lo stesso intento che secondo l’accusa, come scritto anche nelle pagine dell’ordinanza di custodia cautelare del giudice Maria Cristina Sarli, mosse il capogruppo Pdl in Regione Villani e l’ex sindaco Vignali a chiedere aiuto al presidente del consiglio Silvio Berlusconi, al ministro Angelino Alfano e al senatore Filippo Berselli dopo i primi arresti del giugno 2011 che coinvolsero anche tre dirigenti comunali.
Alle dichiarazioni di Laguardia rispetto a un suo ruolo nelle vicende, Berselli aveva risposto giovedì definendo l’operazione Public Money “un’inchiesta politico-giudiziaria, in cui erano stati tirati in ballo in modo improprio politici che non sono indagati”. E per dimostrare la bontà del proprio operato aveva sottolineato che le sue otto interrogazioni parlamentari “non riguardavano la posizione degli indagati, ma anomalie rilevate nella Procura di Parma”, aggiungendo poi che “la fonte che mi ha informato è molto più vicina a Laguardia di quanto lui pensi”. La risposta del procuratore non ha tardato ad arrivare: “Non ho mai parlato di fonti, ma di istigatori, e chi siano è evidente dall’ordinanza del gip” ha spiegato, e poi, riferendosi alla possibile talpa all’interno della Procura, ha aggiunto: “Il personale attualmente in servizio negli uffici della Procura non è infedele, ma mi meraviglia che da senatore e presidente della commissione Giustizia, Berselli non abbia denunciato questo presunto funzionario infedele”.
Il procuratore ha assicurato che non ci sarà alcuna indagine interna alla Procura, mentre da chiarire rimane la questione delle copie dei conti correnti bancari ritrovate nei cassetti della scrivania dell’esponente Pdl Villani. Nell’interrogatorio di garanza il capogruppo Pdl in Regione (che dall’ente non ha ancora dato le dimissioni, a differenza del passo indietro dagli incarichi ricoperti nella multiutility Iren) ha spiegato di averli trovati in posta in una busta anonima, ma questo potrebbe non bastare ad alleggerire la propria posizione. Per lui e per l’editore Buzzi il gip ha rigettato la richiesta di revoca dei domiciliari perché rimangono i gravi indizi di colpevolezza e il rischio di commissione di reati analoghi. Per la rimessa in libertà di Vignali e Costa invece si dovrà attendere la decisione del Riesame.
Intanto, alla luce di quanto emerso dall’inchiesta Public Money, il Comune di Parma ha deciso di costituirsi parte civile contro l’ex sindaco Vignali, Costa e Buzzi, a tutela della posizione del Comune “in qualità di persone offesa dai reati contro la Pubblica amministrazione oggetto dell’indagine”.