Sono centinaia di migliaia le persone scese in piazza non solo nel luogo storico della rivolta al Cairo, piazza Tahrir, ma anche nelle maggiori città egiziane per protestare contro il governo dei Fratelli musulmani. Oltre 250 i feriti e 4 morti nel giorno dell'anniversario
E’ un giorno di protesta quello del secondo anniversario della rivoluzione egiziana. Sono centinaia di migliaia le persone scese in piazza non solo nel luogo storico della rivolta al Cairo, piazza Tahrir, ma anche nelle maggiori città egiziane per protestare contro il governo dei Fratelli Musulmani, accogliendo la chiamata di 16 partiti e movimenti di opposizione. Così, sono continuati anche gli scontri nei dintorni della piazza iniziati nel pomeriggio del 24 gennaio quando un gruppo di manifestanti ha tentato di demolire il muro eretto per chiudere l’accesso al Parlamento. E che oggi in Egitto non ci sia niente da festeggiare è dimostrato anche dall’assenza nelle strade dei maggiori partiti islamisti, compresi i Fratelli Musulmani, ormai da mesi nel mirino dei manifestanti. “Non vogliamo la supremazia della guida suprema della fratellanza” gridano in una Tahrir stracolma e piena di bandiere egiziane centinaia di migliaia di manifestanti. Il presidente Morsi è ormai da mesi il nemico numero uno degli attivisti, in molti nel ballottaggio dello scorso giugno avevano votato per lui per evitare l’ascesa al potere dell’ex primo ministro di Mubarak, Ahmed Shafiq, ma sono delusi da quello che è stato definito “un abuso di potere del presidente islamista”. “Pane, libertà e giustizia sociale, le richieste che due anni fa abbiamo fatto in piazza sono rimaste sospese, e abbiamo un presidente che ci ha fatto tornare indietro alla dittatura”- dice Fatima, studentessa avvolta in un’enorme bandiera egiziana.
Ayoub sventola uno stendardo con il viso dei “martiri del 25 gennaio”, i manifestanti uccisi durante la rivoluzione. “Sembra che i miei compagni siano morti per nulla, a due anni di distanza dopo i militari abbiamo un presidente che non capisce cosa sia la democrazia – dice – dobbiamo fare qualcosa per arginare questa deriva totalitaria”. Il paese resta dunque più diviso che mai, la grande rotonda di Tahrir è tornata a riempirsi, assieme agli attacchi verso le sedi dei Fratelli Musulmani in tutto il paese. Al Cairo la sede del sito web della fratellanza è stato attaccata, mentre a Ismaylia l’ufficio del loro partito politico è stato dato alle fiamme. Altri scontri si sono registrati anche ad Alessandria, Suez e Port Said. Al momento il bilancio comunicato dal dipartimento di primo soccorso del ministero della sanità è di oltre 250 feriti.
Tra i manifestanti sono tanti anche gli ultras della squadra dell’Ahly, uno dei gruppi di piazza più attivi, da diversi giorni in protesta per la strage dello scorso anno nello stadio di Port Said dove morirono 73 tifosi. La rabbia degli ultras, che ha già causato diversi scontri alcuni giorni fa, potrebbe portare a un rinvio della sentenza del processo sulla strage prevista per domani. La situazione nel paese resta dunque calda e in molti temono che in serata la situazione degeneri anche alla luce dell’apparizione di nuovi manifestanti mascherati: black bloc di cui ancora non si capisce l’affiliazione e che da alcuni giorni hanno infiammato gli scontri con la polizia al Cairo e Alessandria.
La grande manifestazione nel giorno dell’anniversario, come già accaduto lo scorso mese nelle proteste contro la Costituzione, è vista da molti come una prova di forza da parte dell’opposizione che cerca di organizzare una base unitaria per le prossime elezioni previste per il prossimo aprile. “Spero che l’opposizione egiziana sia in grado di arrivare alla popolazione e sfruttare queste occasioni di dissenso per creare un’adesione – spiega Bassem Sabri, blogger e analista politico oggi in piazza . “Anche di fronte alla crisi economica io credo che dovrebbe essere creato un programma efficace che vada oltre il mero dissenso verso Morsi e la fratellanza”.