È l’anno 1960 quando in una cantina umida e puzzolente di via Garibaldi nel quartiere romano di Trastevere, e adibita a studio dal pittore e musicista afroamericano, Harold Bradley, iniziano a riunirsi artisti, pittori e musicisti provenienti da tutto il mondo. Avendo già ricevuto diverse denunce per disturbo della quiete pubblica per le riunioni alquanto rumorose, Bradley decide di trasformarlo in un circolo culturale, un modo questo, per esser liberi di ascoltare musica dal vivo – in prevalenza americana – fino a notte inoltrata. Le pareti dei muri vengono insonorizzate con sacchi di iuta e il locale viene arricchito da un piccolo bar e la sala vera e propria dove Bradley fa esibire gli artisti è uno stanzone in un angolo del quale pone una pedana alta dieci centimetri che funge da palco. Due anni dopo, in quello stesso locale, che viene chiamato “Folkstudio”, si esibisce anche un giovanissimo e sconosciuto Bob Dylan, di passaggio a Roma. Nessuno avrebbe mai immaginato all’epoca che da questa postazione precaria partisse gran parte della canzone d’autore italiana che oggi ascoltiamo. Qualche anno più tardi, quando Bradley fa ritorno negli Stati Uniti e la direzione del locale viene ereditata dal chimico Giancarlo Cesaroni – il simbolo del locale, una mano bianca che stringe una nera, sta a rappresentare proprio il passaggio del testimone da Bradley a Cesaroni – la nuova gestione del locale intensifica la presentazione di nuove proposte musicali, non solo americane come da tradizione, ma anche italiane.
Tra i musicisti che approfittano di questa apertura vi è Stefano Rosso, trasteverino doc, che con le sue canzoni ha raccontato la sua Roma in modo ironico, poetico e dolce. Il cantautore raggiunge la notorietà nel 1976 quando la RCA pubblica il suo 45 giri Letto 26, ispirato da una sua degenza in ospedale (al letto 26) per una tonsillitectomia e pochi mesi dopo pubblica Una storia disonesta in cui, in un racconto ironico e divertente post-sessantottino, dove fa capolino, forse per la prima volta nella canzone italiana, lo spinello, quando canta “Che bello, due amici una chitarra e uno spinello…” (Fonte Wikipedia). Finita nell’oblio, la figura di Stefano Rosso oggi rivive grazie alla passione di un cantautore e regista, Simone Avincola, tra gli ideatori del progetto Schola Romana, nato con l’intento di riportare alla luce le più belle canzoni romanesche degli ultimi cento anni, “evitando di confonderle con i soliti stornelli con i quali Roma viene inchiodata culturalmente da sempre“.
Riguardo a Stefano Rosso, Avincola spiega che “la mia passione nasce molti anni fa, quando da bambino tornando da scuola ascoltavo le sue canzoni con il walkman. Essendo anch’io un cantautore, e avendo ascoltato veramente tutto il repertorio di Stefano, mi sento di dire che è stato davvero uno dei più grandi cantautori italiani degli anni 70. Il fatto che questo non gli sia stato riconosciuto, né in vita né dopo la sua scomparsa, mi ha sempre fatto rabbia. Forse è proprio da questa rabbia, da questa voglia di riscatto, che nasce l’idea di realizzare il primo film-documentario su di lui”. Simone Avincola tra qualche giorno presenterà il suo docu-film Stefano Rosso – L’Ultimo Romano titolo preso in prestito da una sua canzone che scrisse nei primi anni 70, ma che incise solo in uno dei suoi ultimi dischi, quasi introvabili. “Grazie all’aiuto di Matteo Alparone che si è occupato del montaggio, e di qualche amico che ha regalato qualche piccolo contributo per la causa, ho cominciato a girare Roma – racconta Avincola –. Ho intervistato il fratello Sergio (storico barista dello storico bar San Calisto), i suoi amici di infanzia, i suoi musicisti e gli artisti che gli hanno voluto bene. Credo e spero che questo possa essere il primo passo verso un serio recupero della sua arte, così come è stato fatto con Rino Gaetano, col quale erano grandi amici fin dai tempi del Folkstudio”.
Il Folkstudio, tutto è nato da lì. “Mi è sembrato doveroso inserire nel film anche un capitolo dedicato a questo meraviglioso locale (o meglio: cantina) che gestiva il mitico Giancarlo Cesaroni. Lì si sono esibiti, fra gli altri, Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Luigi Grechi, Ernesto Bassignano, Edoardo De Angelis, Claudio Lolli… il film verrà proiettato il 24 febbraio presso il locale “l’Asino che vola” in via Antonio Coppi 12 e l’ingresso sarà gratuito. Da aprile, invece, il film sarà visibile sul mio sito, perché lo scopo di questo prodotto è di far circolare Stefano e le sue canzoni. Proprio come lui desiderava: “Voglio che le canzoni vadano in giro… voglio che almeno le sentano…”. Perché erano la sua vita.