Il governo britannico ignora quei cento parlamentari di tutti gli schieramenti ancora contrari al matrimonio gay e presenta il testo della legge per le unioni legali, in chiesa, fra persone dello stesso sesso. Legge che verrà discussa dalla House of Commons, la camera bassa del parlamento, e poi dalla House of Lords, quella alta, a partire dal 5 febbraio. Occoreranno poi tre passaggi parlamentari in ogni camera e l’imprimatur finale della regina per una piccola ma grande rivoluzione sul fronte dei diritti civili voluta fortemente dal primo ministro David Cameron e dai suoi ministri.

Il titolare per le Pari opportunità Maria Miller, presentando il disegno di legge, ha sottolineato: “Non obblighiamo le Chiese delle varie confessioni a sposare gli omosessuali, ma diamo l’opportunità, a chi lo vuole fare, di celebrare unioni fra uomini e fra donne. Educatori cristiani anglicani e cattolici non perderanno il loro posto di lavoro, come temuto, ma potranno continuare a insegnare ai ragazzi quello in cui credono, anche che il matrimonio gay non è una cosa giusta. Ma il matrimonio è un elemento importante della nostra società, un’istituzione che è sempre cambiata col passare del tempo e che è giusto che cambi. Il valore del matrimonio – ha proseguito Miller – avvicina le comunità e le famiglie e porta stabilità. Sarà la stessa realtà del sacro vincolo a beneficiare dell’apertura ai coniugi dello stesso sesso. Questa legge farà bene a tutti”.

Circa cento deputati, appunto, sono contrari al “Marriage Bill”, gran parte dei quali conservatori. Il testo avrà validità in Galles e in Inghilterra ed è stato subito accolto con favore da almeno tre Chiese che hanno chiesto già da tempo di poter celebrare matrimoni gay: quella dei quaccheri, protestanti puritani, quella degli unitariani – che non credono, fra le altre cose, nella trinità – e la confessione degli ebrei liberali. Altre Chiese, prevede ora il governo, si uniranno al coro, ma non – almeno non a breve termine – la maggioritaria Chiesa anglicana. Che si è spaccata sul matrimonio gay così come sull’ordinazione delle donne vescovo, ma per la quale una porta rimane aperta. Il testo della legge stabilisce infatti che la regola canonica anglicana – il matrimonio è tra un uomo e una donna – non entrerà mai in conflitto con il codice civile britannico, quindi non configurerà alcun reato. Inoltre, se mai gli anglicani dovessero decidere di celebrare il matrimonio fra persone dello stesso sesso, ogni singolo pastore potrà decidere se aderire o meno alle indicazioni della Chiesa, e quindi della regina e dell’arcivescovo di Canterbury, le due principali autorità anglicane.

Fra le curiosità del testo di legge, per il matrimonio gay non sarà previsto lo scioglimento per adulterio o per “mancati” doveri coniugali. Inoltre, con quella che è stata vista come una “vendetta” del governo Cameron, la legge, almeno nella sua prima formulazione, al momento vieta esplicitamente alle Chiese anglicane di Inghilterra e Galles di celebrare matrimoni gay, elemento questo considerato discriminatorio dai più e passibile, secondo alcuni, di ricorsi ai vari tribunali per la difesa dei diritti umani. Ma il motivo, ha spiegato anche il ministro Miller, è semplice. I pastori anglicani hanno l’obbligo legale di sposare quei parrocchiani che intendano farlo, non si possono sottrarre. Ma siccome la richiesta potrebbe ora venire anche da partner dello stesso sesso, il governo ha pensato, per evitare cavilli e situazioni paradossali, di escludere la Chiesa anglicana dal “diritto” al matrimonio gay. La porta rimane aperta, appunto, ma nel caso sarebbe necessaria una nuova legge per aggirare questo “divieto”. Intanto, mentre Cameron fra le mura domestiche deve fronteggiare l’opposizione della madre, una signora 78enne che da qualche giorno rilascia interviste a vari quotidiani dicendo di essere contraria alle unioni omosessuali, lo stesso primo ministro si fa forte dell’ultimo sondaggio britannico sul tema, commissionato dal Guardian: il 62% dei cittadini del Regno Unito è a favore della nuova legge, contro un 31% di contrari.

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