Si chiude con un bagno di folla l’ultima tappa dello tsunami tour di Beppe Grillo in Romagna. Dopo Ravenna e Cesena è la volta di Rimini. A sentirlo, sfidando un freddo pungente, in piazza Cavour c’erano circa 4 mila persone e il comico genovese ne ha catturato l’attenzione, come un prestigiatore della parola, per più di un’ora. Sul palco lo hanno raggiunto gli 8 candidati riminesi del Movimento 5 stelle: alla camera Giulia Sarti, Tommaso della Motta, Antonio Scarponi, Francesco Costantini, Marco Torri e al senato Marco Affronte, Massimo Manduchi e Fausto Battistelli.
Dalla scalinata del palazzo dell’arengo Grillo ha affrontato i problemi della città coi suoi soliti toni: “Vogliono fare passare il treno Trc per andare da Rimini a Riccione: a cosa servirà? A vedere meglio gli stronzi che galleggiano? Prima ci sono le fogne. Quella è la priorità di Rimini!”. “Questa città – ha continuato Grillo – era bellissima, ma l’hanno rovinata, negli anni l’ho vista peggiorare, nel turismo, nelle spiagge, poi è aumentata la delinquenza”.
Ad aprirgli la strada la consigliera di palazzo Garampi Carla Franchini che ha illustrato alcune cifre non lusinghiere del Comune: più di 164 milioni di euro di debito aggregato delle partecipate, “una selva di società: ben 22. Lo stesso numero del Comune di Bologna con un terzo della popolazione”. E poi la consigliera se l’è presa con il palacongressi: “Tra il 2008 e il 2011 i cittadini hanno pagato 9.429.526,00 euro di ricapitalizzazioni (5 milioni per il palacongressi). Ci sono anche le quote societarie: il Comune è socio per il 17% di Aeradria, la società che ha in gestione l’aeroporto Fellini, per il 27% della Fiera (pubblica per l’84%), di Romagna Acque per l’11%, del centro agroalimentare per il 59%, per quasi l’80% dell’AM, società che vanta il triste primato di pesare per 33 milioni di debito sul debito aggregato del Comune di Rimini”. Insomma “il Comune tra il suo debito e il totale di quello delle partecipate” è sotto di 301 milioni di euro“.
Partendo dalla situazione locale, Grillo ha cavalcato, attraverso le sue solite invettive, i temi a lui cari e non ha risparmiato frecciate a nessuno. A Ingroia per esempio: “Se ci fossimo noi in parlamento un magistrato dovrebbe aspettare 3 anni prima di entrare in politica”. A Monti: “Ieri Rigor Montis ha parlato benissimo di me: io lo denuncio per diffamazione alla rovescia”. Al Pdl: “Adesso dicono che nelle loro liste non figureranno inquisiti… e chi ci mettono allora?”. Il Pd invece è stato attaccato sul crack del Monte dei Paschi di Siena: “Se la banca più antica d’Italia è passata da un capitale di 20 miliardi di euro a meno di 2 è colpa della fondazione controllata dal Pd. Dove sono i soldi spariti per comprare l’Antonveneta a quel prezzo? Capite perché il Pd non ha fatto cadere il governo Berlusconi sullo scudo fiscale?”. Ce n’è anche per “Baffetto-D’Alema” che continua a chiedere: “Affidereste l’Italia a degli impreparati come Grillo e i grillini?”. E’ il solito Grillo irriverente che si fa gridare “populista” dalla folla, dopo aver detto che Equitalia va chiusa e dà le coordinate per bombardare “il luogo del nulla che è ora il parlamento italiano, altro che il Mali“.
Quando si ricorda che in campagna elettorale occorre discutere anche di contenuti inizia a esporre i punti salienti del programma a 5 Stelle. Detassare il lavoro, snellire le leggi (“Non è un caso – afferma – che gli avvocati in Italia aumentano del 10% ogni anno”), digitalizzare i tribunali, diminuire gradualmente la tassazione sul reddito d’impresa, defiscalizzare gli investimenti e i redditi nei primi due anni di apertura di una società, praticare sconti sui contributi a chi assume giovani, fare in modo che lo Stato sia solvente dopo 60 giorni e infine realizzare il reddito di cittadinanza. Queste alcune delle proposte avanzate.
Non mancano poi gli autoelogi alla politica adottata dal Movimento: dal nuovo corso della Parma ereditata da Pizzarotti con quasi 1 miliardo di debiti, “una città che anche grazie al M5S“, ha visto arrestare l’ex sindaco Vignali e i suoi più stretti collaboratori. “I loro soldi e i loro patrimoni – tuona Grillo – torneranno ai parmigiani”.
Altro punto forte sul quale il comico non manca d’insistere sono i rimborsi elettorali: “Toglieremo quei soldi ai partiti che prendono 3 miliardi di euro, nonostante gli italiani li abbiamo aboliti con un referendum. Chiamano con un altro nome il finanziamento pubblico ai partiti e l’inganno è fatto”. “Noi in Sicilia – prosegue Grillo – ci siamo decurtati del 70% lo stipendio e con quell’avanzo (qualche milione di euro) abbiamo aperto un conto di microcredito agevolato alla piccola impresa siciliana”.
E’ deciso a fare il pieno alle urne Grillo e ora più che mai sa che dovrà parlare alle piazze. Domenica 27 sarà la volta di Pesaro e poi, come ha annunciato a Ravenna, si giocherà tutto in tv, nel rush finale dell’ultima settimana prima delle elezioni.