La Duma ha dato il via libera in prima lettura a una proposta di legge che vieta la promozione “dell’omosessualità tra i minori”. “Non c'è una definizione del reato - dice la giornalista e attivista per i diritti Lgbt, Yelena Kostyuchenko - Sarà una caccia alle streghe"
Il primo punto da chiarire è cosa intendano i deputati russi per “propaganda omosessuale”. Manca una definizione giuridica chiara è questo lascia spazio all’arbitrarietà. Tuttavia la Duma ha approvato in prima lettura una proposta di legge che vieta la promozione “dell’omosessualità tra i minori”. Il sì alla legge anti-gay ha ricevuto 388 voti a favore, un solo contrario e un solo astenuto. L’iter legislativo prevede altre due letture alla camera bassa, presumibilmente in primavera e autunno, l’approvazione del Consiglio federale e infine la firma del presidente Vladimir Putin.
“La legge non dà una definizione di propaganda gay”, sottolinea all’Associated press la giornalista di Novaya Gazeta e attivista per i diritti Lgbt, Yelena Kostyuchenko. “La ragione è comprensibile, la propaganda omosessuale non esiste”. Tra gli attivisti c’è chi teme per le ricadute nelle scuole, a esempio per gli insegnanti che parlano di educazione sessuale. “È come legalizzare una caccia alle streghe, peggiorerà soltanto la situazione”, ha spiegato a Deutsche welle un altro attivista che ricorda i casi di suicidio tra gli adolescenti che si sentono discriminati per il loro orientamento sessuale.
Ampliando lo sguardo la legge è di fatto un attacco a chiunque difenda i diritti degli omosessuali e porta su scala nazionale divieti già in vigore in diverse città del Paese, a esempio San Pietroburgo o nella regione siberiana di Novosibirsk, il cui Parlamento locale ha inviato alla Duma la controversa proposta.
Per i trasgressori le multe oscillano tra i 100-125 euro per i singoli cittadini agli oltre 12mila euro per gli enti giuridici. La legge è un retaggio del passato sovietico e staliniano quando essere omosessuali era un reato punibile con cinque anni di carcere. Caduta l’Urss nella memoria è rimasta l’associazione a comportamenti considerati criminali. “Larga parte della popolazione considera l’omosessualità come qualcosa di negativo”, ha detto all’agenzia Ria Novosti, l’attivista Sergei Gorbunov. Secondo un sondaggio condotto nel 2010 dal centro Levada, il 74 per cento dei russi ritiene amorali gay e lesbiche e crede soffrano di “disturbi mentali”, soltanto il 45 per cento sostiene che debbano essere loro garantiti pari diritti con gli eterosessuali.
La Russia è già sotto la lente del Consiglio d’Europa per le violazioni dei diritti delle persone Lgbt. Lo scorso giugno la città di Mosca mise al bando per i prossimi 100 anni l’organizzazione di parate per l’orgoglio omosessuale nella capitale. Denunce sono inoltre partite contro la popstar Madonna per aver difeso i diritti degli Lgbt durante un concerto a San Pietroburgo e aver definito la legge in vigore nella seconda città della Russia una ridicola atrocità.
A rimarcare il clima in cui la legge ha ricevuto il primo sì, bastano le dichiarazioni dei deputati tra cui non è mancato chi ha evocato Sodoma e Gomorra. Fuori dal Parlamento i difensori dei diritti degli omosessuali riuniti per un bacio pubblico in segno di protesta si scontravano invece con gruppi di estremisti cristiano ortodossi. Alla fine gli arresti sono stati una ventina, con gli attivisti fermati per manifestazione non autorizzata. “Ancora una volta la polizia ha fatto un uso eccessivo della forza contro le persone sbagliate. Gli attivisti Lgbt non stavano minacciando nessuno, né istigavano all’odio o alla violenza. Stavano semplicemente esercitando il proprio diritto alla libertà d’espressione. Godono ancora di questo diritto e devono essere protetti dalla violenza”, si legge in una nota di Amnesty international. Come sottolinea Human rights watch invece una legge simile approvata nella regione di Ryazan fu riconosciuta come discriminatoria dal Comitato delle Nazioni unite per i diritti umani.
Sul piano sociale torna invece la spaccatura che già ci fu durante il processo contro le tre Pussy Riot condannate per il flash mob nella cattedrale del Cristo Salvatore di Mosca. Parte dell’opinione pubblica non si schierò contro le tre ragazze per la manifestazione anti-putiniana, ma perché giudicarono la loro protesta un attacco alla religione, mentre nella lettura e nelle cronache di parte della stampa il messaggio sulla liberazione sessuale del collettivo passava in secondo piano.
di Andrea Pira