Per una volta nel Parlamento Russo, la Duma, si è registrata una maggioranza di tipo “sovietico”, nel metodo e nel merito. Una larghissima maggioranza, infatti, ha deciso di sopprimere i diritti di una minoranza e lo ha fatto esattamente ai danni di quella comunità omosessuale tanto invisa a Stalin e ai suoi compagni di sventura. La Duma ha deciso di vietare la propaganda “a favore della omosessualità”, inserendo nella definizione ogni tipo di manifestazione che potrebbe favorirne la diffusione, o meglio il contagio del morbo, come hanno meglio precisato in aula alcuni parlamentari.
La definizione, ovviamente, include qualsiasi forma espressiva dal cinema al teatro, dall’informazione alla pubblica riunione; chiunque potrà denunciare qualsiasi forma di “propaganda della omosessualità”. Non si tratta di “affari loro”, perché il morbo della omofobia, questa si una malattia contagiosa, ha la capacità di diffondersi in modo velocissimo, esattamente come l’antisemitismo, non a caso nei campi di concentramento si ritrovarono accanto ebrei ed omosessuali.
Quello che allarma ulteriormente è il quasi assoluto silenzio delle opposizioni, anzi il consenso esplicito di chi in quella norma ha risentito il fascino dell’integralismo politico e religioso, non a caso i sondaggi avrebbero confermato un largo sostegno popolare alle norme omofobiche. Del resto questo accade quando i diritti civili e di libertà e non solo un Russia, vengono considerati un bene non essenziale, anzi secondario rispetto al “pane e lavoro”, peccato che laddove si calpestino diritti e libertà non ci siano neppure le vivande nelle dispense.
Chiunque ne abbia la possibilità dia spazio e amplifichi le proteste dei gay russi e delle loro associazioni, quello che sta accadendo in Russia potrebbe diventare merce di esportazione, anche in Italia, dove, come è noto, non mancano gli amici dello zar Putin, gli omofobi e i mazzieri delle leggi bavaglio.