Pochi giorni fa ho avuto modo di partecipare alla quinta edizione di Autoctono si nasce, manifestazione organizzata da Go Wine a Milano. Formula snella e generalmente efficace, con un buon numero di aziende e una selezione complementare in enoteca a fare la voce grossa. La selezione delle cantine produttrici di vini autoctoni contava qualche bel nome, alcune personali sorprese (il bel moscato di Cantina Sant’Andrea, il Fiano 2011 della Cantina del Barone e il Friulano 2011 di Pizzulin) e altre proposte più trascurabili. Tra le conferme più ovvie il Marzemino Trentino di De Tarczal, lo splendido prié blanc di Pavese Ermes e il Fiorduva 2010 di Marisa Cuomo. Presente anche la celebrata Vitoska di Zidarich, vino che non riesco ad amare quanto mi si dice dovrei.
Interessante la parentesi su alcune cantine di Ovada (di cui mi riprometto di parlare nell’immediato futuro), associatesi in un consorzio per valorizzare una zona oscurata dalle numerose eccellenze piemontesi, ma capace di bei rossi (Forti del Vento su tutti), forse un po’ troppo carichi, che daranno il meglio con il tempo.
Le migliori sensazioni mi sono arrivate dal Timorasso di Claudio Mariotto, personaggio ruspante e piacevole che conduce un’azienda nata nel 1920 e nella sua cantina a Vho (Tortona) dà vita anche a ottime versioni di barbera, cromatina e cortese. Tutti vini in grande equilibrio tra complessità ed eleganza, con una chiara attenzione al minimo intervento in vigna e in cantina (niente chimica, poca solforosa, lieviti autoctoni) senza indugiare in un fanatismo naturalista che ultimamente sta creando non poche polemiche e contrapposizioni manichee (molte decisamente sfocate) nel mondo del vino.
Il suo Timorasso, intelligentemente salvato anni fa da un oblio doloroso, esce in tre versioni, tutte caratterizzate da una bella acidità e una spiccata mineralità:
– la Cavallina 2008, il più pronto del lotto. Forse anche la versione più facile delle bottiglie di Mariotto, ma è davvero un bianco splendido: dal naso agrumato, con una bocca piena e goduriosa e un finale sapido che ne amplifica la beva. Lo si trova intorno ai 10€. Strameritati.
– la Derthona 2008 è sicuramente il più personale e coraggioso: al naso è particolarissimo, tanto che ammetto di aver avuto grossi problemi a decifrarlo, di certo esibiva una bella nota di pera, e qualcosa di salvia, ma anche fieno. In bocca è profondo, lungo, con un attacco molto salato. Un vino che va atteso di certo qualche anno. Prezzo sui 15€.
– il Pitasso 2008 è dei tre il più fine e più fruttato in bocca e al naso. Ma è anche quello che mi ha meno affascinato, per una chiusura meno efficace. Parliamo comunque di un grande bianco dall’esemplare longevità, tanto che il 2004 assaggiato in chiusura era più pronto e complesso.