Le cellule della pelle di un paziente cardiopatico diventano il modello in provetta della sua malattia cardiaca: questo grazie alla tecnica di riprogrammazione cellulare del premio Nobel Shinya Yamanaka, ‘rivisitata’ e corretta in modo da riprodurre fedelmente per la prima volta le caratteristiche di una malattia che insorge solo nell’età adulta. Il risultato, pubblicato su Nature, si deve ai ricercatori statunitensi del Sanford-Burnham Medical Research Institute a La Jolla e della Johns Hopkins University di Baltimora.
La malattia ricreata in provetta è la displasia ventricolare destra aritmogena, una rara patologia di origine genetica, a volte fatale, che si manifesta con anomalie del ritmo cardiaco nei giovani adulti (età media 26 anni), soprattutto tra gli atleti. Per riprodurla fedelmente in laboratorio, i ricercatori hanno provato a usare la tecnica di riprogrammazione cellulare dello scienziato premiato con il Nobel per la medicina 2012. Hanno dunque prelevato un campione di cellule adulte dalla pelle di due pazienti e, usando un particolare cocktail di molecole, le hanno riprogrammate trasformandole in cellule bambine (staminali pluripotenti indotte, iPSC). Successivamente le hanno indotte a differenziarsi in cellule del muscolo cardiaco: queste però, pur contenendo le mutazioni genetiche responsabili della malattia, non riuscivano a riprodurne alcun segno a causa della loro immaturità. I ricercatori hanno quindi pensato di accelerare i tempi della loro maturazione inducendo una trasformazione fondamentale nel loro metabolismo, una specie di ‘svezzamento’ necessario per costringere le cellule a smettere di usare lo zucchero glucosio come principale fonte di energia (caratteristica tipica delle cellule cardiache fetali) per passare all’uso degli acidi grassi (il ‘carburante’ prediletto dalle cellule del cuore adulto).
Il successo dell’esperimento ha così portato a un doppio risultato. Innanzitutto si è dimostrato che lo scatenamento della malattia potrebbe essere legato a un’anomalia metabolica, e non solo a un indebolimento delle connessioni tra le cellule cardiache come ipotizzato finora. In secondo luogo, la riproduzione in provetta della malattia permetterà di studiarne meglio l’evoluzione e aiuterà la messa a punto di nuove terapie.