Il lavoro dei magistrati si concentra soprattutto su una lettera del 2010 del direttore generale di Mps a Bankitalia. Ma anche su relazioni degli organi di vigilanza che saranno approfondite con alcune testimonianze
Un accordo tra Monte dei Paschi di Siena e Santander per distribuirsi la “plusvalenza” della vendita di Antonveneta dall’istituto spagnolo a quello toscano. E’ l’ipotesi su cui stanno indagando i pm di Siena e i militari della Guardia di Finanza, secondo quanto riporta oggi il Corriere della Sera. Tutto parte da alcune relazioni degli organi di vigilanza e sarà approfondito con alcune testimonianze. Tutto gira intorno all’acquisto di Antonveneta effettuato nel 2007 da Santander per 6,3 miliardi di euro. Gli spagnoli solo due mesi dopo riuscirono rivenderla a Mps per 9,3 miliardi di euro con un’aggiunta di oneri che fecero lievitare la cifra a 10,3 miliardi. Un miliardo ulteriore che potrebbe arrivare a sfiorare un terzo protagonista della vicenda, cioè Jp Morgan.
Dopo la spesa di più di 10 miliardi e l’accollo dei debiti per altri 8, infatti, l’istituto senese doveva rimettere in sesto i conti. Ricapitalizzazioni e prestiti del Tesoro non bastavano. Così i titoli Mps in portafoglio alla Fondazione finiscono in pegno a 11 banche, una cordata capitanata da Jp Morgan con Mediobanca in prima linea. I finanziamenti arrivano attraverso contratti di Total Rate of Return Swap. Da qui l’acquisizione delle note propedeutiche agli accordi di stand still siglati con la Fondazione, la documentazione relativa alle contrattazioni che hanno determinato il rilascio di garanzie in favore delle banche o del ‘Term loan’ da parte della Fondazione Mps, la loro novazione, documentazione concernente il ribilanciamento del debito contratto dalla Fondazione.
Per sanare il buco nel bilancio partirono così operazioni rischiose come i bond fresh del 2008 e quelle sui derivati. Secondo i magistrati di Siena, spiega il Corriere, il valore delle azioni sarebbe stato gonfiato dai dirigenti di Mps e queste manovre speculative sono andate avanti anche negli anni successivi, in particolare tra giugno 2011 e gennaio 2012. Lo scopo è chiaro: mettere sotto il tappeto una situazione sull’orlo del baratro che i vertici della banca avevano sempre escluso.
Agli atti, in particolare, spunta una lettera del 3 ottobre 2010 dal direttore generale di Mps Vigni (tra gli indagati) a Bankitalia sull’aumento di capitale da un miliardo riservato a Jp Morgan. Dieci giorni prima Palazzo Koch aveva chiesto “delucidazioni circa la computabilità della complessiva operazione di rafforzamento patrimoniale da un miliardo di euro nel core capital”. Vigni risponde che “in ordine all’assorbimento delle perdite Jp Morgan ha acquistato le proprietà delle azioni senza ricevere alcuna protezione esplicita o implicita dalla Banca”. Affermazioni “non rispondenti al vero” secondo i pubblici ministeri che contestano al direttore generale di aver detto il falso “sulla flessibilità dei pagamenti riconosciuti alla stessa Jp Morgan”.
Tra le persone che potranno essere sentite c’è anche il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente dello Ior e da vent’anni responsabile di Santander per l’Italia che ha più volte incontrato l’ex presidente Giuseppe Mussari. Lo scorso anno, indagando sui conti dell’Istituto opere religiose, le Fiamme gialle sequestrarono nel suo ufficio un armadio pieno di documenti sulle operazioni condotte da Santander nel nostro Paese. E contenevano i nomi di alcuni consulenti che negli anni hanno affiancato l’istituto spagnolo e potrebbero aver avuto un ruolo importante anche nella vendita di Antonveneta. Tra i nomi spicca quello di Marco Cardia, avvocato che si occupò di alcuni aspetti dell’acquisizione per conto di Mps all’epoca in cui suo padre Lamberto era presidente della Consob.