Hanno raccolto il denaro. Una sottoscrizione spontanea. Una colletta di solidarietà cominciata con il passa parola. C’è chi ha lasciato nell’anonimato cento euro, chi tra le lacrime ne ha date solo cinque. E’ il cuore di Napoli che è tornato a battere. Franco, il 60enne clochard morto – lo scorso 22 gennaio – durante una fredda notte partenopea in un angolo della Galleria Umberto di Napoli ha ricevuto un dignitoso funerale pagato dai residenti di piazza San Pasquale dove abitualmente Franco andava spesso a mangiare e dormire. Un gesto che riconcilia, un’azione risarcitoria, un messaggio diretto a chi nelle stesse ore del sopralluogo della polizia scientifica invece di impietosirsi davanti alla salma di Franco sorseggiava il caffè e mangiava la sfogliatella forse parlava del Napoli e delle imprese del Matador. Avevo scritto che Napoli non è assolutamente indifferente al dolore ma – rilevavo – che a volte i miei concittadini smarriscono quella pulsione ad “essere parte” al dire “vuoi una mano”, al “posso aiutarti”.
Sono contento che Franco almeno da morto per una volta vive. Napoli non deve arretrare, deve partecipare: farsi carico dei destini degli altri. Qui e non altrove esiste una solidarietà di strada che dà il “tu” a tutti senza guardare a chi appartieni, senza chiedere da dove vieni, senza voler niente in cambio. Noi, nella nostra fiera povertà e guai che non mancano mai: la solidarietà la pratichiamo davvero e in silenzio. Ecco mi fa orrore solo il pensiero che questo spazio sensibile di umanità: vero, unico, nostro possa essere “occupato” dall’agitarsi di egoismi, disattenzioni, nefandezze e miasmi del passato. Le reazioni al mio post – come prevedevo – non sono mancate. Commenti al vetriolo, accuse, epiteti. Un modo sanguigno di reagire e difendersi per non guardarsi allo specchio. A volte noi “pennivendoli” dobbiamo essere fastidiosi e urticanti come il Grillo Parlante di Pinocchio. E per tutti valgono le raccomandazioni della bella fatina: niente bugie. Ecco ne è valsa la pena.
Oggi sono orgoglioso dei miei concittadini che in un colpo solo hanno cancellato quel tragico, drammatico e disumano fermo immagine di distanza e strafottenza. E proprio nel nome di Franco e di una ritrovata solidarietà di popolo che vorrei ricordare anche gli altri homeless che nel giro di un mese, sono morti a Napoli: Jimmy l’egiziano, Sergiu Maciuck l’ ucraino ucciso dal freddo sui binari dismessi di una vecchia stazione. Senza però dimenticare Antonio detto “Amore mio” che l’anno scorso “abbandonava” il suo quartier generale di piazza San Vitale a Fuorigrotta per un male incurabile. L’ultimo pensiero va al Comune di Napoli che non manca occasione di ribadire il proprio impegno per gli ultimi. Giusto e sacrosanto però è anche vero che qualche sforzo istituzionale in più a volte si potrebbe fare: i clochard e non solo loro che ogni giorno rischiano la vita sotto i portici dei monumenti della nostra bella e solidale città sono ancora tanti, troppi.