Milano, capitale italiana della moda e della finanza è stata ultimamente nominata anche capitale della pornografia e bigottismo. Dopo la diffusione della notizia che la Giunta della Provincia di Milano ha approvato una mozione, proposta in occasione della giornata mondiale contro l’Aids, per stimolare l’installazione di macchinette di preservativi a prezzo calmierato, abbiamo assistito ad un’esternazione di bigottismo degna di nota.

L’Associazione dei Genitori (che si ispira “all’etica cristiana”) di Milano ha risposto al provvedimento con un eloquente comunicato stampa dal quale si evince chiaramente l’idea di scuola, di sessualità, di affettività che hanno.

E’ forse un po’ azzardato affermare che educare al sesso e alla sessualità significa perdere di vista la mission della formazione, quando al contrario si potrebbe affermare che è la scuola stessa ad aver perso di vista le sue finalità e che si configura come entità terza nella vita di ogni studentessa e studente di questo Paese, dato il fatto che più dell’80% degli studenti dichiara di avere la necessità di parlare di sesso dentro le mura della scuola. Per rimanere sul filone delle statistiche sarebbe il caso di specificare che secondo ricerche dell’Ido, circa il 72% dei giovani si avvicina al sesso tra i 12 e i 14 anni. Il 70% di loro separerebbe affetto e amore e ancora l’86% degli intervistati parla tranquillamente di sesso tra pari, con gli amici. Non c’è però da stupirsi se con genitori così bigotti solo il 24% dei giovani dichiara che di aver ricevuto informazioni o di parlare di sesso con le madri, mentre solo l’8% con i padri.

Ma nessuno si chiede mai se dietro queste statistiche ci siano delle necessità delle studentesse e degli studenti? Indubbiamente la retorica dell’essere considerati i “bambini di casa” ha dato alla testa un po’ a tutti.

Superando la stessa retorica, le statistiche mostrano come il sesso non sia un aspetto marginale della vita quotidiana di un sedicenne medio che vive e si confronta tutti i giorni su come si indossa un preservativo, su come non prendere o trasmettere malattie sessualmente trasmissibile e su come evitare gravidanze indesiderate. Chi crediamo che debba dare risposte agli studenti e alle studentesse se non l’istituzione Scuola, il luogo nel quale si passano almeno la metà delle proprie giornate?

Tra le righe del comunicato dell’A.Ge si legge la descrizione di una scuola diversa da quella che gli studenti italiani immaginano. Gli studenti italiani vogliono una scuola nella quale si educhi all’affettività, alla sessualità, alla parità di genere e al rispetto di tutti gli orientamenti sessuali. E’ un dato di fatto che l’ondata di omofobia che sta attraversando l’Italia è dovuta alle mancanze di una scuola dove le nozioni contano più delle emozioni, una scuola che dovrebbe essere capace di dare nuovi modelli di uomo, di donna e di sessualità che superino quelli nei quali ci imbattiamo ogni giorno su internet e in televisione.

Se nel nostro Paese il fenomeno del porno e del cyber-sesso e della discriminazione di genere e di orientamento sessuale è in costante aumento un motivo ci sarà. Il punto sta proprio nel capire che non è concepibile che siano tv, computer e film a dare agli studenti lezioni di sesso. Essi non possono e non devono assolutamente assumere valore formativo.

L’installazione di questi famigerati distributori nelle scuole è solo un piccolo pezzo del puzzle, che sarà completo solo nel momento in cui alle studentesse e agli studenti sarà garantita la possibilità di seguire delle vere lezioni di educazione sessuale dietro i banchi di scuola, durante le quali essi siano coinvolti attivamente nella discussione e nella costruzione di una sessualità consapevole.

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