Finisce l'età dell'oro della squadra. La banca taglia i fondi e la società salva il bilancio vendendo il marchio a un imprenditore consulente dell'istituto di credito. Che, a sua volta, usa i soldi del Monte dei Paschi
Alexandria? Santorini? Nota Italia? No, Mens Sana. È questo il nome che compare in uno degli ultimi atti dell’era di Giuseppe Mussari al Monte dei Paschi di Siena, finita nell’aprile 2012. Un atto da 8 milioni di euro che il 26 marzo 2012, ha salvato il bilancio della pluridecorata squadra della città del Palio tanto cara all’avvocato calabrese. La stessa che, per via delle ricche sponsorizzazioni di Mps, porta il nome della banca. E che il 17 dicembre scorso è finita nel mirino della Procura di Siena per l’ipotesi di pagamenti in nero dei cestisti, confermando la massima che ogni scandalo finanziario che conta ha dei risvolti sportivi. Storie complicate che s’intrecciano l’una all’altra e cifre in ballo che, benché poca cosa rispetto ai miliardi in gioco nelle vicissitudini di Rocca Salimbeni, sono di tutto rispetto. Specialmente nel contesto di uno sport che in Italia fino a due anni fa generava un giro d’affari annuo vicino ai 100 milioni.
Un settore in cui la Mens Sana Basket, almeno fino all’anno scorso, primeggiava. Sul campo è stata vincitrice degli ultimi sei scudetti, unica compagine tricolore ad aver calcato i parquet Nba. Posizionamento notevole anche sul fronte delle sponsorizzazioni arrivate da Mps, come ha notato fin dal suo insediamento il nuovo ad Fabrizio Viola, pronto a darci un taglio. La cifra esatta non è pubblica, ma per gli ultimi 5 anni in città si parla di un budget medio annuo vicino a 15 milioni, decisamente superiore alle somme riservate agli altri sport cittadini, calcio incluso. E, benché la generosità della banca negli ultimi anni sia stata ridimensionata, i cestisti della Mens Sana saranno gli ultimi a far le spese dei tagli annunciati dai nuovi vertici: il loro contratto è stato rinnovato nel 2011 e scadrà soltanto nel 2014. Fortissimo, poi, il legame tra Mussari e la squadra: le volte in cui l’ormai ex presidente dell’Abi, sempre presente alle partite del Mens Sana con tanto di sciarpa da tifoso accanto all’ex presidente del team, l’amico Ferdinando Minucci. “Chi voleva dei soldi doveva per forza andare da Mussari – commentano da Siena – Senza soldi del Monte dove andavi? Comunque anche quest’anno che è senza una lira la squadra va come un treno, deve avere delle capacità extra”. Capacità notevoli, perché un anno fa i conti della Mens Sana facevano tutto tranne che quadrare, nonostante lo sponsor.
L’ultimo bilancio è stato salvato da un miracolo, firmato su un tavolo da Minucci, sull’altro da Mps. Due tavoli che non si sono parlati, ma che hanno contribuito a portare nelle casse della società un bel flusso di denaro: 8,9 milioni. Grazie ai quali la società sportiva ha chiuso il 2012 in utile (336 mila euro) per la prima volta in tre anni, nonostante i ricavi fossero scesi del 18 per cento a 15,97 milioni e la differenza in negativo tra entrate e uscite avesse sfiorato i 5 milioni. Minucci, infatti, è riuscito a trovare un compratore per il “ramo d’azienda merchandising”, che include mobili per 4.600 euro e gli avanzi dei 21 prodotti di merchandising (canotte, felpe e gagliardetti che la società vende a un prezzo unitario compreso tra i 3 e i 55 euro), per un totale di 29 mila euro. La parte del leone, quindi, l’hanno fatta i marchi registrati nel 2009, che sono stati pagati 7,866 milioni: il 684 per cento in più del costo storico a bilancio. Un affarone, soprattutto in tempi di crisi, che “ha consentito il riequilibro economico e ha dotato la Società delle risorse necessarie per mantenere una regolare gestione finanziaria”, come si legge nel bilancio. A comprare è stata la Brand Management di Rimini, società che all’epoca aveva poco più di un mese di vita e alla fondazione un unico socio.
Stefano Sammarini, un esperto di marketing sportivo che negli Novanta ha fondato la Essedue Promotion, agenzia di sport management attraverso la quale è da 10 anni il consulente di Mps per il basket in tandem. Con uno storico partner, l’agenzia di comunicazione senese Best Solutions, che fa capo allo stesso Minucci (10%) alla moglie Rosanna Mereu (40%) alla figlia Federica (40%) e al genero (Pierluigi Zagni) e che ha ceduto a Sammarini parte dei suoi contratti con Mens Sana.
Il mago del marketing sportivo si è assunto un bell’impegno: 8 dei quasi 9 milioni glieli ha prestati Mps lo stesso giorno della compravendita sulla base di un piano industriale che prevede una generazione di utili costante, contrariamente a quanto successo a chi gli ha venduto l’attività. Tutte le azioni di Brand Management sono finite in pegno alla banca che riceverà la somma indietro in 18 anni a rate semestrali. Entrambi i contratti devono essere finti nel dossier del pm di Siena Antonino Nastasi che ha in mano l’inchiesta sull’ipotesi che Mens Sana basket dal 2006 in poi abbia commesso “frodi fiscali finalizzate al pagamento in nero di emolumenti su conti esteri a noti campioni della società sportiva”, forse sulla scia di quanto accaduto nel 2010 quando la società sportiva avrebbe conciliato e pagato una multa di 250 mila euro per i versamenti irregolari al giocatore nigeriano Benjamin Eze. A fine 2012, infatti, il pm ha disposto una perquisizione della Guardia di Finanza che è passata anche da Rimini, in due società che si occupano di curare l’immagine dei giocatori. Campioni che a Siena devono costare poco, visto che la spesa complessiva annua della Mens Sana per il personale sfiora appena i 7 milioni. Anche se nell’ambiente agli ultimi ingaggi di Andersen, Lavrinovic, McCalebb e Kaukenas viene attribuito un valore netto di 5,45 milioni.
da Il Fatto Quotidiano del 29 gennaio 2013