Per averne la certezza occorrerà attendere il riconoscimento ufficiale. Ma il corpo affiorato nelle acque dell’Adriatico, di fronte alla riviera pesarese, si ritiene che sia quello del capitano Lucas Gruenther, 32 anni, il pilota del F16 CM Fighting Falcon di nazionalità statunitense scomparso dai radar lo scorso 28 gennaio. Scorto intorno alle 14 a 4 miglia al largo – e a una settantina di chilometri da dove erano stati ritrovati alcuni dei rottami del cacciabombardiere – è stato prima avvistato e poi recuperato dai mezzi della guardia costiera che da giorni stanno pattugliando la zona da Cervia verso sud.
Mentre si è in attesa da parte delle autorità militari americane dell’esame della salma, che ancora indossava la divisa, si è intanto saputo che il pilota precipitato ha un fratello, Alexander, anch’egli nell’aeronautica militare e che con lo stesso grado di capitano presta servizio alla base Nato di Bruxelles. Inoltre è sposato e la moglie, incinta, è giunta a fine gravidanza dato che la data del parto è prevista per tra una decina di giorni.
Ci si aspettava che il corpo di Lucas Gruenther fosse ritrovato nel giro di breve ormai. Dopo le iniziali scie di carburante e i primi rottami metallici rinvenuti nelle reti a strascico dei pescatori tra Lido di Savio e Cervia, in provincia di Ravenna, con il trascorrere delle ore erano stati trovati altri residui del mezzo da guerra e infine un paracadute. Quest’ultimo aveva fatto sperare che il pilota si fosse lanciato, nonostante fin dai primi momenti si fosse ritenuto improbabile. In effetti il paracadute è quello dell’aereo, non del pilota, che dunque può non aver avuto il tempo di eiettarsi a causa del guasto troppo improvviso.
In merito ai ritrovamenti, era poi stata la volta del casco del militare, ripescato da una motovedetta della guardia costiera a meno di 10 miglia a nord est di Pesaro. A questo punto il generale Scott J. Zobrist, comandante della base Usaf di Aviano (Pordenone) da cui il F16 era partito alle 18.04 del 28 gennaio e presso cui stava tornando, aveva commentato: “Anche se non sono specificamente progettati per la ricognizione, i nostri F16 hanno sistemi di puntamento che possono essere utilizzati per precisare la ricerca. Ora che le navi e gli aerei da ricognizione hanno affinato l’area di ricerca, speriamo di aiutare mettendo più sensori e occhi. L’operazione di ricerca in Adriatico è davvero ampia. Sono grato ai molti professionisti italiani e americani che stanno svolgendo questa missione e spero che si possa riportare a casa il capitano in sicurezza”.
Poi invece la notizia del ritrovamento del cadavere che, secondo le prime notizie, avrebbe riportato l’amputazione del capo mentre il resto del corpo sembra in sostanza integro. Sarà l’autopsia a stabilire le esatte cause della morte e una volta che sarà individuato l’aereo si procederà anche al recupero della scatola nera da cui estrarre le molte informazioni mancanti sulla causa della sciagura.
Sciagura che si è verificata quando il volo di addestramento si era quasi concluso. Da Aviano erano decollati 4 F16 che volavano in coppia e alle 19.57 Lucas Gruenther aveva segnalato un meglio precisato problema. Nel giro di una manciata di minuti l’apparecchio ha smesso di comunicare a terra e l’ultimo segnale è stato captato appena dopo le 20 dal comando operazioni aeree (Coa) di Poggio Renatico, in provincia di Ferrara. A una mezz’ora dalla perdita dei contatti, le prime motovedette della guardia costiera erano al largo di Cervia per iniziare le ricerche a cui si sono aggiunti mezzi militari italiani e americani, oltre a mercantili e pescherecci.