Ai Musei di San Domenico, dal 2 febbraio al 16 giugno 2013, l'arte in Italia al servizio del regime del ventennio. Un compendio artistico di una rinnovata armonia tra tradizione e modernità che sciaguratamente si trovò ad offrire, in maniera più o meno consapevole, il proprio sostegno alla dittatura mussoliniana
“Rappel à l’ordre”, ritorno all’ordine: espressione chiave che sintetizza l’ansia diffusa di un paese che usciva dagli orrori della Grande Guerra per precipitarsi nel baratro del Ventennio fascista, garante di una rinnovata legalità e della lotta contro l’impeto distruttivo e rivoluzionario del movimento socialista, col benestare di una miope classe dirigente liberale. Ritorno all’ordine che dalla politica e dalle istituzioni si allargò ad un mondo artistico già attraversato dalla crisi delle avanguardie storiche, che vedeva come dal Romanticismo in poi, passando per impressionisti e fauves, cubismo e futurismo, si fosse dissolto l’ideale classico di armonia e levigatezza, geometria e solidità. Novecento. Arte e vita in Italia tra le due Guerre racconta proprio quell’intermezzo, nel quale l’arte italiana si pose al servizio del fascismo per celebrarne fasti e costruire una nuova mitologia. Pittori, architetti e scultori, certo, ma anche designer, grafici, pubblicitari, ebanisti, orafi, creatori di moda, coinvolti nel grandioso progetto comune di definizione della nuova arte di Stato.
La mostra, in programma ai Musei San Domenico di Forlì dal 2 febbraio al 16 giugno prossimi, presenta i grandi temi affrontati nel Ventennio dagli artisti che aderirono alle direttive del regime, partecipando ai concorsi e aggiudicandosi le commissioni pubbliche, e da coloro che attraversarono quel clima alla ricerca di un nuovo rapporto tra le esigenze della contemporaneità e la tradizione, tra l’arte e il pubblico. La presenza di dipinti, sculture, cartoni per affreschi, opere di grafica, cartelloni murali, mobili, oggetti d’arredo, gioielli, abiti, intende offrire una visione a tutto tondo del rapporto tra le arti e le espressioni del costume e della vita, confrontando artisti e materiali diversi.
Una parte significativa della mostra è dedicata a quella che fu l’espressione più compiuta dell’arte fascista, ossia l’architettura pubblica e la pittura murale: edifici pubblici come i palazzi di giustizia, delle poste, delle università diventarono infatti i veri e propri vessilli del nuovo ordine, diventando segni di un rinnovato rapporto con la grande arte del Quattrocento italiano. Attraverso i maggiori protagonisti del tempo (pittori come Severini, Casorati, Carrà, De Chirico, Balla, Depero, Cagnaccio di San Pietro, Renato Guttuso, e scultori come Martini, Andreotti, Baroni, Manzù, Rambelli) la mostra rende omaggio a quella rinnovata armonia tra tradizione e modernità, che sciaguratamente si trovò ad offrire, in maniera più o meno consapevole, più o meno volontaria, il proprio sostegno alla dittatura mussoliniana. Accanto alle opere pittoriche, alle sculture e all’architettura il Novecento, che con parto lungo e sofferto vedeva la luce all’indomani della Prima Guerra Mondiale, vide anche il progressivo affermarsi dell’importanza della grafica e del design, della moda e dei manifesti pubblicitari, anch’essi parte integrante nella definizione della nuova estetica sempre più intrecciata alla quotidianità.
Tutte le informazioni su orari e biglietti si possono trovare sul sito www.mostranovecento.it.