L'attenzione della Procura si concentra sull'avvocato che divenne presidente di Antonveneta dopo la contestata acquisizione da parte del gruppo senese, poi costretto a dimettersi perché coinvolto nel dissesto della Banca di credito cooperativo di Verdini. Secondo il Corriere della sera stanno per partire gli inviti a comparire per i manager indagati. Le segnalazioni dei piccoli soci a Bankitalia dal 2008
Lo scandalo Mps diventa sempre più bipartisan. L’attenzione della Procura di Siena, rivela oggi il Corriere della Sera, si concentra su Andrea Pisaneschi, nel 2007 consigliere d’amministrazione in quota Forza Italia, poi nominato presidente di Banca Antonveneta subito dopo la contestata acquisizione finita nel mirino degli investigatori. Pisaneschi, avvocato fiorentino di origini senesi, è rimasto in sella dal 23 giugno 2008 al luglio del 2011, quando è stato costretto a dimettersi – anche su richiesta del Pd – perché coinvolto nel dissesto della Banca di Credito Cooperativo di Denis Verdini, uno dei coordinatori del Pdl.
E solo ieri Beppe Grillo ricordava nel suo blog che un altro esponente di primo piano del Pdl, Gianni Letta, era stato appena nominato consulente italiano di Goldmann Sachs quando la società americana divenne advisor di Mps nell’acquisizione della stessa Antonveneta. Il leader del Movimento 5 Stelle ha rilanciato la domanda sollevata da diversi blogger specializzati in questioni di finanza, in particolare Sergio Di Cori Modigliani: “Come mai, non essendo l’on. Gianni Letta né un esperto di sistemi bancari, né un esperto in tecnica bancaria, né un banchiere, né ufficialmente parte in causa, è stato scelto per tale delicato lavoro che presuppone una corposa e specifica competenza tecnica?”
Secondo il Corriere della Sera, sono pronti in Procura gli inviti a comparire destinati agli indagati. Anche grazie alla collaborazione di “un manager dell’Area finanza del Monte dei Paschi” che starebbe raccontando i dettagli dell’operazione Antonveneta, i magistrati stanno ricostruendo passo per passo il controverso affare e il ruolo del management, a cominciare dall’allora presidente Giuseppe Mussari, dal direttore generale Antonio Vigni e dal responsabile della Finanza Gianluca Baldassarri. Montepaschi acquistò l’istituto padovano nel 2007 dagli spagnoli del Banco Santander, al prezzo di 9,3 miliardi di euro. Ma Santander l’aveva acquisita solo pochi mesi prima pagandola 6,3 miliardi, ben tre in meno. Da qui il sospetto di risvolti illeciti, anche con manovre speculative. I reati contestati ai manager Mps vanno dall’associazione a delinquere alle false comunicazioni sociali, alla tirbativa d’asta all’aggiotaggio. In questo giro di soldi, è l’ipotesi che gli inquirenti stanno verificando, potrebbero essere state create cospicue plusvalenze occulte. Per gli stessi manager, o magari per la politica.
Quanto alle responsabilità della vigilanza, Bankitalia e Consob, c’è da segnalare che i piccoli azionisti della Banca Monte Paschi di Siena segnalarono più volte le operazione “sospette” e “poco chiare” sia alla Banca d’Italia che all’Authority dei mercati finanziari. Si tratta di segnalazioni avvenute, sin dal 2008 anno in cui alla guida dei due enti c’erano rispettivamente Mario Draghi e Lamberto Cardia, da parte di piccoli soci che, nell’ultimo anno, hanno deciso di associarsi creando l’Associazione buon governo Mps, che comprende al momento 500 risparmiatori. In particolare, le anomalie vengono segnalate proprio con riferimento all’operazione di acquisizione di Antonveneta.
“Chiedo che le SS.LL. esaminino la questione con la consueta approfondita imparzialità e competenza avuti presenti tutti i riflessi dell’operazione – scrive per esempio a Bankitalia e alla Consob un piccolo azionista il 9 marzo del 2008 – patrimoniali, finanziari, economici ed in particolare quelli in relazione alla disciplina prudenziale su base individuale e consolidata in questo momento di particolare turbolenza del mercato, che, a mio modesto avviso, l’assemblea non ha potuto valutare, essendo stata chiamata a rilasciare delega per l’aumento di capitale di sei miliardi di euro allorché il cda aveva già autorizzato l’emissione o la stipula di prestiti subordinati relativi a strumenti ibridi di patrimonializzazione o passività subordinate fino all’ammontare massimo di due miliardi, a fronte dell’operazione di acquisizione da nove miliardi di euro già deliberata autonomamente”. In particolare, il piccolo risparmiatore paragona la vicenda, quella di “Parmalat, perché paiono significativi della filosofia gestionale che ormai da qualche tempo caratterizza il Monte e che non pare impostata a quella sana e prudente gestione che nel passato era la specificità del Monte”.
Un altro esposto, presentato da un socio dell’Associazione del buon governo e piccolo azionista Mps, nel giugno del 2011, dopo alcune domande presentate nell’assemblea degli azionisti al presidente dei revisori, Tommaso Di Tanno e al presidente di Mps, Giuseppe Mussari, sottolinea che “vi sono aspetti inquietanti sia in relazione alle risposte fornitemi su Antoveneta sia sulla presenza di opzioni con base 0,76, sono a chiedere a codesti spettabili organi di svolgere gli opportuni accertamenti sanzionando, secondo rispettive competenze, eventuali aspetti anomali tenuto conto dei danni causati ai risparmiatori-soci”.
Le anomalie su quanto inserito sul bilancio del 2011 sono inoltre state segnalate dall’Associazione buon governo Mps sempre a Bankitalia e alla Consob sottolineando che vi era un “legittimo sospetto non solo che il bilancio 31 dicembre 2011 non avesse evidenziato con chiarezza e precisione la reale consistenza dei crediti deteriorati, ma altresì che il presidente del collegio sindacale abbia volutamente omesso di informare in modo chiaro e preciso il socio richiedente e l’assemblea”. Infine, l’Associazione lo scorso dicembre del 2012, ha chiesto espressamente l’intervento del neopresidente del Monte dei Paschi di Siena e della Fondazione Mps soprattutto al fine di poter “adottare tutte le iniziative”a tutela dei risparmiatori invitando a “porre in essere tutti gli atti interruttivi opportuni a mantenere impregiudicate le ragioni della banca e dei soci. Da qui la risposta di Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Mps che ha sottolineato in una lettera che la “Fondazione non ha difficoltà a rassicuarre in ordine alla propria vigile attenzione sulla tutela dei propri interessi in quanto azionista di riferimento di Banca Mps”.
Tra le risposte date dai vertici della banca giudicate “palesemente non esaustive o addirittura elusive della realtà” da 321 piccoli azionisti di Mps, poi, “appare particolarmente inquietante il fatto che a fronte del bilancio 2011 che – oggettivamente – non può che ritenersi disastroso, siano state spesate alla voce Altre spese amministrative – Pubblicità, sponsorizzazioni e promozioni 58,069 milioni di euro”. I piccoli azionisti lo scrivono in un esposto inviato nel giugno 2012 a Bankitalia e Consob, dopo aver chiesto chiarezza nell’assemblea del 28 marzo 2012 sul bilancio portato all’approvazione. “Parte senz’altro consistente (anche se non precisata)” di questa somma, scrivono ancora i piccoli azionisti agli organi di vigilanza, “a favore di associazione calcistica il cui presidente è risultato indagato – pochi giorni dopo l’assemblea – nell’inchiesta sul calcioscommesse, con evidente lesione dell’immagine dello sponsor ovvero Banca Mps”.
Tensione crescente, intanto, tra le Procure coinvolte nel caso. Nel suo intervento al congresso di Magistratura democratica il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati ha alluso criticamente, pur senza citarla direttamente, alla Procura di Trani, l’ultima ad aprire un’indagine su Mps. In certi uffici di Procura, ha detto, “sembra che la regola della competenza territoriale sia un optional”. C’è stata una ”gara tra diversi uffici giudiziari, ma sembra che la new entry abbia acquisito una posizione di primato irraggiungibile”.