L’enigma persiste. Ma l’accordo siglato tra Google e l’editoria francese, grazie alle pressioni dell’Eliseo, apre una nuova strada, alquanto inaspettata, al futuro dell’informazione. Inutile aggiungere ‘digitale‘. Il gigante di Mountain View, che ha deciso di avviare il Digital Publishing Innovation Fund (60 milioni di euro all’anno per 5 anni per finanziare progetti innovativi rigorosamente giornalistici e la transizione delle testate al digitale), è un ibrido tra un piano Marshall pro media e un saldo forfettario per i diritti di copyright dei pezzi che finora il motore di ricerca ha cannibalizzato su Google News senza guardare in faccia a nessuno. Men che meno alle testate digitali che, intendiamoci, dall’indicizzazione hanno tratto benefici: più traffico, più pubblicità. Anche se non rende ancora quanto l’adv sulla carta. 

Certo, 60 milioni di euro per ripagare le grane dei diritti d’autore per un colosso che solo nel 2012 ha fatturato 50 miliardi di dollari sono briciole. Un prezzo calmierato – forse? – dal pensiero dominante dell’Internet gratis. Ma aldilà del patto tra editori e Google, il gentlemen’s agreement inscrive nella storia digitale un precedente irreversibile: se Google viene messo alle strette e ritiene che il mercato editoriale di un Paese sia imprescindibile per il suo core business, allora è pronto a pagare.

Attenzione, nulla è scontato. I primi a mettere seriamente alle strette il motore di ricerca erano stati i media brasiliani, che lamentavano la cannibalizzazione su Google News e i suoi effetti deleteri, ovvero: se gli utenti andavano sull’aggregatore non erano incentivati a cliccare sul sito del giornale. E così è arrivato lo strappo: a ottobre i 154 giornali della Associação Nacional de Jornais hanno vietato a Google News l’inserimento delle loro notizie. Il risultato? Siti e news oggi possono essere cercati solo su Google. La società californiana, a fronte della rottura, non ha fatto nulla, anzi. Ha ritenuto talmente inaccettabili le pretese dei periodici brasiliani da liquidarli così: “E’ un’idea assurda come quella di un ristorante che chieda dei soldi a un tassista per ogni turista che gli porta“.

La recente storia francese ci racconta altro. Ma il fondo di 60 milioni non è soltanto il preludio di un ingresso di Google nel mondo dell’informazione. Quel denaro servirà infatti a premiare lavori giornalistici inn0vativi. Ottimo. Ma quei soldi sono a disposizione affinché Google aiuti i media nella transizione verso il digitale. Che significa: vi insegniamo noi a raccogliere pubblicità e vi offriamo la consulenza per la transizione. Vedremo le evoluzioni, ma così il motore di ricerca diventa un player di primo piano nel mondo del giornalismo. E, per inciso, la sostenibilità del vecchio mondo fatto di carta, sfuma drasticamente. 

Ora: ci risulta che Fieg, editori francesi e tedeschi abbiano firmato una nota congiunta per l’approvazione di una tassa su Google per il diritto d’autore e “di una disciplina che definisca un sistema di diritti di proprietà intellettuale idoneo a incoraggiare su Internet forme di cooperazione virtuosa tra i titolari di diritti sui contenuti editoriali e gli operatori dell’industria digitale (in primo luogo, i motori di ricerca)”. Visto che per la Francia la “cooperazione” è divenuta realtà e quel documento era firmato anche dalla Fieg: Google quando darà 60 milioni di euro agli editori italiani?

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