Il Cavaliere annuncia che restituirà il soldi pagati sulla prima casa grazie all'accordo fiscale sui capitali esportati. Che però è ancora in alto mare. E, soprattutto, il suo ex ministro dell'Economia aveva stimato un possibile gettito molto inferiore ai 4 miliardi necessari a onorare l'impegno
L’ultimo confronto tra Italia e Svizzera per raggiungere un’intesa sulla tassazione dei capitali italiani depositati nella confederazione elvetica, si è tenuto a Davos. Eppure, dopo l’ultimatum lanciato a Berna dall’Unione europea lo scorso 18 gennaio, il dossier, che per quanto riguarda l’Italia prevede altri cinque punti – dalla tassazione di Campione d’Italia a quella dei lavoratori trasfrontalieri – non ha fatto passi in avanti. E’ ancora in alto mare, insomma, quel patto che secondo Silvio Berlusconi darebbe copertura finanziaria alla promessa elettorale di restituire subito agli italiani, in caso di vittoria, i soldi pagati nel 2012 per l’Imu sulla prima casa.
“Con il parlamento sciolto, a pochi giorni dalle elezioni – ha detto il premier Mario Monti ai propri interlocutori – il governo deve limitarsi alla gestione ordinaria”. Incerto è anche il gettito che potrebbe dare quello che alcuni anno definito “Piano Rubik”, dal cubo rompicapo. Prevederebbe, in base alle intese già raggiunte tra la Svizzera e la Germania, l’Austria e la Gran Bretagna, un prelievo consistente sui depositi delle ultime annualità e poi una tassazione dei proventi per gli anni successivi. E’ quindi difficile, in assenza di parametri, stimare il possibile gettito. Silvio Berlusconi ha parlato di 25-30 miliardi, ma l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che aveva avviato la trattativa e che con la Svizzera non è mai stato tenero, ha ipotizzato incassi reali attorno ai 2,5 miliardi. Tutto dipende dall’incertezza esistente sia sull’entità dei capitali “esportati”, sia sulle modalità di tassazione che saranno scelte. Nelle banche svizzere, secondo alcune stime, dovrebbero esserci da un minimo di 120 miliardi ad un massimo di 200 miliardi depositati. Su questo andrà fatto il prelievo.
L’Italia nel passato, con lo scudo fiscale, aveva applicato un’aliquota del 5% e poi del 6%, garantendo anche l’anonimato. Di diverso impatto, invece, la scelta fatta dalla Germania, con un prelievo compreso tra il 19 e il 34% sul passato, che però è stato bocciato dalla Camera e che prevedeva un prelievo del 26,375% sui guadagni degli anni successivi. Ancora più incisivo invece il prelievo previsto dalle intese con Regno Unito (tra il 21 e il 41%) e dall’Austria (con aliquote tra il 15 e il 38%) per quanto riguarda la tassazione dei fondi depositati nel passato. Un “balzello” che diventa invece solo sui capital gain sugli anni successivi: in Austria del 25-35%, mentre nel Regno Unito varia dal 48% sugli interessi al 40% sui dividenti fino al 28% degli altri redditi da capitale.