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Monti, Bersani e Berlusconi for (European) President

Lo ha detto anche Berlusconi alla conferenza stampa del Pdl di venerdì scorso (1 febbraio). “Il Pdl vuole l’elezione popolare diretta del Presidente della Commissione europea” e pure quella “del Presidente del Consiglio dei capi di Stato e di governo europei”. Nei mesi scorsi, specie durante la corsa delle primarie del Pd, lo hanno detto ad alta voce anche Renzi e Bersani,  “Sì agli Stati Uniti d’Europa” e “Sì all’elezione popolare diretta del Presidente della Commissione”. E Monti? Neanche a dirlo, “più europeo di lui si muore”, almeno dicono. Ma da dove viene questo slancio europeista? E soprattutto, sono sinceri o si tratta della solita promessa elettorale?

L’elezione diretta del Presidente della Commissione europea costituisce uno dei punti saldi del Movimento Federalista Europeo (niente a che vedere con il federalismo della Lega Nord per carità). Per semplificare, tutti i cittadini europei dei 27 Stati membri (presto 28 con la Croazia) aventi diritto si dovrebbero recare alle urne per votare direttamente il candidato che vorrebbero vedere alla testa dell’Esecutivo europeo, così come succede per l’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America. Il motivo principale è semplice: l’Unione europea acquisisce sempre più potere, quindi è giusto e sacrosanto che i cittadini europei abbiano sempre più voce in capitolo a Bruxelles.

Ecco che i leader italiani, di destra, centro e sinistra, fanno a gara per mostrarsi “il più europeista di tutti”, come dice Berlusconi, sventolando, tra le altre idee, proprio l’elezione diretta del Presidente della Commissione europea. Ma attenzione, come sempre, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, “elettorale” in questo caso.

Una simile elezione a suffragio universale comporterebbe un cambiamento radicale dell’intera struttura europea così come la conosciamo oggi. Oltre ad una indispensabile, e tutt’altro che facile, revisione dei trattati europei, un presidente eletto direttamente dai cittadini europei avrebbe un peso senza precedenti a Bruxelles e, per la prima volta nella storia, dovrebbe rendere più conto ai cittadini che ai governi nazionali. Sì perché le modalità attuali di nomina del Presidente della Commissione, sia pur vincolate all’approvazione del Parlamento europeo (istituzione democraticamente eletta) rappresenta un enorme compromesso tra i 27 governi nazionali oggi a maggioranza di centro-destra.

Dopo l’ultimo discorso sullo stato dell’Unione (settembre 2012) tenuto a Strasburgo, il presidente in carica José Manuel Barroso si era lasciato sfuggire qualche parolina sulla possibilità futura di arrivare all’elezione diretta. Ma ecco che il giorno dopo l’esecutivo comunitario ha fatto subito marcia indietro, precisando che nel futuro assetto dell’Ue non c’è spazio per una simile scelta da parte dei cittadini. Ipotizzabili le telefonate (almeno 27) che Barroso deve aver ricevuto dopo il suo discorso “possibilista”.

Ma perché l’elezione diretta del Presidente della Commissione europea è così importante? Prima di tutto perché, al di là dei buoni intenti del Trattato di Lisbona, la Commissione europea resta il vero potere esecutivo in Europa nonché intitolata anche di iniziativa legislativa. Ecco che all’interno di un’Unione con sempre più potere in questioni fino a poco tempo fa di esclusiva competenza nazionale (basti pensare alle raccomandazioni economiche espresse sui bilanci nazionali dei Paesi membri), aumentare la voce in capitolo dei cittadini, diretti elettori del loro presidente europeo, non potrebbe che far bene alla democrazia europea, oggi un po’ stretta tra poteri finanziari, super ministri e commissariamenti vari. Poi, cosa non da poco visto che ci si prova da 60 anni con scarsi risultati, si potrebbe realmente avvicinare l’Ue ai cittadini e viceversa, e abbattere finalmente un po’ di luoghi comuni che fanno comodo a pochi e nuocciono a tanti.

Ebbene, in Italia i principali candidati Premier sembrano non avere dubbi: ci vogliono gli Stati Uniti d’Europa e ci vuole l’elezione diretta del suo Presidente. Staremo a vedere, dopo le elezioni, quanto il prossimo governo italiano si farà promotore di questo cambiamento a Bruxelles e quanto, invece, si è trattato delle solite balle elettorali.

@AlessioPisano

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