E' il pentito Dario De Simone a raccontare e ricostruire come l'ex coordinatore regionale del Pdl fece balenare una sorta di trattativa. Il parlamentare uscente, che non è stato ricandidato dopo un vero e proprio psicodramma alle prossime elezioni, è imputato per le presunte collusioni con i clan casalesi con il quale il politico del casertano avrebbe stretto un patto per garantirsi il sostegno elettorale
‘‘Cosentino nel corso di alcuni incontri prima delle elezioni del 1994 disse che con la vittoria di Forza Italia c’era una speranza che si sarebbe potuta modificare la normativa sui collaboratori di giustizia”. E’ il pentito Dario De Simone a raccontare e ricostruire come l’ex coordinatore regionale del Pdl Nicola Cosentino fece balenare una sorta di trattativa. Il parlamentare uscente, che non è stato ricandidato dopo un vero e proprio psicodramma alle prossime elezioni, è imputato per le presunte collusioni con i clan casalesi con il quale il politico del casertano avrebbe stretto un patto per garantirsi il sostegno elettorale in tutte le competizioni alle quali ha partecipato. Deponendo al processo, davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, De Simone rivela: ”Incontrai tre-quattro volte Nicola Cosentino sia prima che dopo le elezioni regionali del 1995, quando pur non essendo latitante alloggiavo e dormivo in case diverse perché sapevo dell’imminenza del maxi-blitz Spartacus. I nostri incontri, sempre casuali, sono avvenuti la domenica pomeriggio quando io mi recavo a Trentola Ducenta a casa di mio suocero mentre lui si recava dal padre della moglie; le due abitazioni erano confinanti, affacciavano infatti sullo stesso cortile. Nel corso degli incontri mi chiese l’appoggio alle Regionali; così mi impegnai, tramite i miei uomini sul territorio, a farlo eleggere nei comuni di mia competenza, ovvero Aversa, Teverola, Trentola, San Marcellino e Gricignano. Nella sola Trentola ottenne 700 preferenze”.
De Simone, sicario accusato di 89 omicidi poi collaboratore dal febbraio del 1996 dopo l’arresto avvenuto il 29 gennaio del 1996 nell’ambito dell’operazione denominata “Spartacus” ha ricordato “che il clan si rivolgeva spesso alla famiglia Cosentino, così come ai Passarelli (proprietari negli anni ’90 dello zuccherificio Ipam, ndr) per cambiare gli assegni ricevuti dagli imprenditori sottoposti ad estorsione”. Molti anche i “non ricordo” pronunciati dal teste, tanto che il pm della Dda Alessandro Milita è stato costretto a contestargli le dichiarazioni già rese nel corso del primo interrogatorio del settembre ’96. De Simone ha così confermato che Cosentino “era a nostra disposizione”, affermando però durante il controesame dell’avvocato Stefano Montone che “Cosentino non fece promesse per l’appoggio alle elezioni né fece qualcosa per il clan”. De Simone ha poi ricordato come Cosentino gli avesse parlato di Lorenzo Diana (ex parlamentare del Partito Democratico, grande accusatore di Cosentino) e Renato Natale come “due persone che davano fastidio in quanto erano in contatto con Luciano Violante (presidente della commissione Antimafia dal ’92 al ’94, ndr), che insisteva perché le forze dell’ordine non dessero tregua ai Casalesi”. “Ma lei ha minacciato qualcuno a cui chiese il voto per Cosentino?” ha chiesto l’avvocato del deputato, Stefano Montone. “No, mai nessuno”, ha risposto il pentito. Il collaboratore di giustizia ha anche riferito di aver incontrato Cosentino dopo il blitz Spartacus: “Mi disse che non si poteva condannare una persona solo sulla base della deposizione di Carmine Schiavone, all’epoca unico pentito. Lui mi disse anche che se avesse vinto Forza Italia la legislazione sui pentiti avrebbe subito delle modifiche”.
Dopo la deposizione di De Simone, è stata la volta di Carmine Schiavone, cugino del boss: ” Conosco la famiglia di Nicola Cosentino, una volta lui è venuto sulla mia calcestruzzi per chiedere i voti. Sono a conoscenza, inoltre, di un appalto che l’onorevole ha fatto ottenere a Sebastiano Corvino per la costruzione dell’istituto Ragioneria a Casal di Principe” ha raccontato. “Presi il calcestruzzo per fornire Corvino – prosegue – poi in parte quel cemento venne usato per edificare la sacrestia della chiesa di San Nicola di don Peppe Diana (ucciso per il suo impegno nel marzo del 1994, ndr). Don Peppe portava parecchi voti, a volte parlava contro la camorra, ma parlava anche con me perché io ero un moderato. Lo invitai a non schierarsi troppo , pero’ veniva protetto da noi perché era mio parente”.