“Ingenuità formidabile”, “leggerezza imperdonabile”: usa parola severe il giudice Oscar Magi per definire il comportamento del Comune di Milano nelle motivazioni alla sentenza di condanna per quattro banche estere nel processo sui derivati nel quale l’amministrazione meneghina si era costituita parte civile. I fatti risalgono all’epoca in cui Gabriele Albertini guidava la giunta di Palazzo Marino. “Non può dubitarsi – scrive il giudice – che il Comune non si sia comportato in nessun momento dell’operazione poi conclusa come un ‘operatore qualificato'”.

Secondo Magi “affidare la creazione e la gestione del contratto di swap alle stesse banche che gestivano come arrangers il collocamento è stata un’ingenuità formidabile che, sebbene causata anche dall’interessato consiglio degli arrangers medesimi, dimostra in modo assai chiaro quale fosse la capacità contrattuale del Comune e la chiarezza informativa dispiegata nella vicenda”. Inoltre, “accettare come corretto un calcolo di convenienza economica fatto e rifatto sì da banche consulenti ma anche controparti, è stata una leggerezza imperdonabile che, tuttavia, non poteva essere letta se non come un’incapacità contrattuale evidente e quindi bisognosa di tutela e chiarezza informativa e non di compiaciuto approfittamento”.

Il giudice Magi nelle prime pagine delle motivazioni della sentenza che il 19 dicembre scorso, ha portato alla condanna (in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti) di quattro istituti di credito e la condanna di nove tra manager o ex manager delle banche scrive: “Questo processo non è stato e non vuole essere un processo al sistema bancario nel suo complesso o agli strumenti derivati, ma solo al cattivo uso degli stessi in una circostanza storicamente determinata”.

Secondo il giudice gli imputati si sono “in qualche modo, sentiti ‘costretti’ ad agire nell’interesse patrimoniale dell’ente al fine di contribuire in modo rilevante alla formazione dei profitti conseguenti alle operazioni prospettate e poi concluse”. “Le loro condotte – si legge in un altro passaggio delle motivazioni con cui i quattro istituti sono stati condannati in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti per la condotta dei loro funzionari – in piena aderenza agli input forniti dai vertici preposti alla loro vigilanza e controllo, si sono sicuramente uniformate alle istruzioni ed alle prassi aziendali allora vigenti; esse si iscrivono nella complessiva strategia imprenditoriale concretamente assunta, sicché, nel caso in questione, e la persona giuridica attraverso i suoi organi e nella pienezza della immedesimazione con gli stessi, che risulta, in un certo senso, ispiratrice e complice dei comportamenti delittuosi tenuti e dunque responsabile di fatti che non si sono voluti vedere nella loro antigiuridicità e che, anzi, si e voluto compiere con assoluta consapevolezza e volontà”.

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