Quando si fa ora di andare, fuori piove. Io per scelta non posseggo la macchina. Portare Davide, reduce da influenza, sotto la pioggia in Vespa è sconsigliabile: chiamo un taxi.
Come spesso accade a Roma, il tassista è sintonizzato su una delle radio che parlano della Roma ventiquattro ore al giorno. Il tema centrale oggi è il prossimo probabile esonero di Zeman. Ma il tassista non fa commenti. Piuttosto chiede a Davide in che squadra gioca, in quale ruolo e contro chi deve giocare. Davide risponde, soprattutto orgoglioso di giocare nella Fortitudo, quella dove ha cominciato a giocare Totti, la stessa squadra in cui giocano i suoi fratelli più grandi. Per fortuna non gli chiede per quale squadra tifi, visto che lui risponderebbe Lazio, insultando la Roma e io lì a dover spiegare che io invece tifo Roma. E che oggi più che mai sono anche zemaniano.
Piove a dirotto quando inizia la partita di Davide, al punto che si decide di sospenderla, con la Fortitudo che sta perdendo sette a zero. Ma per i bambini oggi l’importante era giocare per la prima volta, capire come si fa il saluto ai genitori all’ingresso in campo, scoprire che dopo un gol si centra la palla, accettare l’idea che si possa stare anche in panchina. Si ritorna negli spogliatoi zuppi, ma in fondo felici, malgrado la sconfitta.
Ritorno. Altro taxi. Altra radio. Altro tassista romanista. La decisione è stata presa: Zeman è stato esonerato. Il tassista un po’ sospettoso mi chiede per quale squadra tifi. Quando rispondo Roma, mi sorride attraverso lo specchietto retrovisore e mi dice: “Siamo proprio una squadra ridicola!”.
Quando scendiamo dal taxi, Davide mi chiede perché è stato esonerato Zeman. Io gli sorrido, lo prendo in braccio e gli dico “ forse perché ha perso troppe partite”.
“Allora adesso la Fortitudo manda via Adolfo, il nostro mister?”
“No, Davide, voi potete anche perdere. Adolfo, che è bravissimo, non lo tocca nessuno.”
Fosse stato un po’ più grande gli avrei detto che Zeman se ne va perché è rimasto troppo fedele a un’idea di calcio, forse a un’utopia. In alcuni passaggi commettendo anche degli errori, che sono inevitabili in chi insegue un’idea con furore a tratti cieco. E che oggi non c’è spazio per le idee, non c’è spazio per le utopie. Oggi le idee, che in quanto tali vengono spesso scambiate per utopie, si nascondono, quando non si rinnegano, anche in politica (che so mi viene da pensare alla parola comunista), nella cultura e nella vita quotidiana. Oggi si deve vincere e basta. Non importa come. Non si può accettare un allenatore perdente, a zero titoli in carriera, che però provi quotidianamente a emozionare lo spettatore, anzi che proprio in un calcio che è sempre più spettacolo e meno sport abbia come primo obiettivo emozionare. Quanto vale un’emozione o un sogno in questo spettacolo? Niente. E quindi se ne deve fare a meno. Meglio vincere giocando in dieci dietro la palla, meglio vincere con dei galeotti mancati in campo, meglio vincere annoiando lo spettatore, che si esalterà solo a fine partita, proprio perché avrà vinto.
Caro Davide, che oggi finalmente hai iniziato la tua “carriera” di giovane calciatore perdendo, io continuerò a stare con Zeman e ovunque andrà ad allenare, tiferò per la sua nuova squadra, dove Zeman continuerà a non vincere niente, ma in realtà, se non avrà qualcuno che gli vuole male all’interno della sua squadra (che so mi viene da pensare a un campione Futuro che sono tre anni che non gioca tre partite dignitose di fila), vincerà ogni settimana, perché farà sorridere gli occhi degli spettatori.
E poi, Davide, trovami una persona che accetta la sconfitta più grande che possa capitare ad un allenatore, l’esonero, con quel sorriso in fondo sereno che Zeman ci ha regalato sabato sera, lo stesso sorriso sereno tuo e dei tuoi compagni dopo la sconfitta, in fondo per questo già un po’ più grandi dei vostri sei anni scarsi.