Il candidato del centrosinistra: "Ma gli accordi non si fanno a ogni prezzo. Ho sentito cose che non mi piacciono su lavoro e diritti civili". Il leader di Sel chiude ogni porta: "Non posso stare al governo insieme al Professore". Anche Casini contro: "La sinistra non fa le riforme". Alfano: "Litigano per finta"
Prove di dialogo, anzi no. Dopo giorni passati tra le scintille, Monti ed il Pd tentano di parlarsi a distanza, imbastendo il lavoro che potrebbero essere chiamati a svolgere dopo le elezioni. Il premier è in viaggio nel Nordest, Bersani ancora più a nord: Berlino, dove gli vengono riconosciute adeguate patenti diplomatiche e da dove lui stesso porge il ramoscello d’ulivo al presidente del Consiglio uscente. E tutto parte da una frase del candidato del centrosinistra a Palazzo Chigi che sembra rimettere in moto le dinamiche di una campagna elettorale finora dominata dalle promesse di Berlusconi (con danni per il centro ed il centrosinistra): “Il professor Monti ha costruito una sua forza politica, è nella competizione, ci sono le schermaglie elettorali, ma ho sempre detto che sono prontissimo a una collaborazione con tutte le forze contrarie al berlusconismo e al leghismo, certamente anche con il professor Monti”. Come dire: basta polemizzare tra di noi sul Monte dei Paschi, che poi c’è un terzo che gode. Possiamo e dobbiamo studiare un progetto per quando, da avversari elettorali, dovremo essere alleati in Parlamento. Segnale recepito, pare. “Apprezzo ogni apertura e disponibilità” è la replica del Professore, il quale sottolinea che il nuovo corso è stato inaugurato in “Germania, dove la politica fatta con l’apporto del Parlamento, in questo ultimo anno, mi pare sia stata apprezzata”.
Per essere più chiari: c’è “disponibilità, con la forza politica nuova che nasce, a alleanze con coloro, e solo con coloro che saranno seriamente impegnati sul piano delle riforme strutturali”. Poi, per suggellare la nuova intesa, Monti attacca la Lega (che in Lombardia presenta un Maroni che deve essere battuto ad ogni costo): una “forza populista” nata con la pretesa di “sfidare il potere centrale” per poi dimostrarsi parecchio al di sotto delle attese. Silvio Berlusconi si sente punto nel vivo e ribatte che questo è l’atteggiamento di chi “attacca perché è disperato”. E disperati, a suo dire, sono sia Monti sia Bersani, spaventati dagli ultimi sondaggi. Nelle indagini demoscopiche, sempre secondo Berlusconi, il centrodestra è ormai in “corsia di sorpasso”. E la controreplica arriva pronta, per bocca di Bersani: “Sono fermi al 24 percento, sommando Pdl e Lega. Il sorpasso lo vedono con il binocolo”. Tanto più che Maroni, stamane, ha bocciato l’idea di condono fiscale del Cavaliere.
E forse proprio pensando a un accorso con la Lista di Monti, Bersani lancia un sasso nello stagno sulla questione sindacati su cui il premier aveva detto la sua poco più di un mese fa invitando il segretario a tagliare le ali estreme: “Io ascolto i sindacati, certo. Credo che così si facciano meno errori”. Tuttavia ha aggiunto di non essere a favore della “paralisi sociale”. Però precisa: “Certo, io ascolto i sindacati. Ascolto anche gli imprenditori, perché se ascolti fai meno errori, ma se sai dove devi andare ci arrivi”. Il segretario del Pd dunque difende la concertazione, ma allo stesso tempo garantisce che questo non può bloccare l’azione di governo. “Credo al dialogo sociale ma credo anche che non debba paralizzare le decisioni e credo che questo sia possibile anche in Italia”.
Tuttavia – vuoi per le reazioni di Sinistra Ecologia e Libertà, vuoi per non sembrare completamente pronto a qualsiasi cosa pur di governare – dopo alcune ore Bersani aggiusta un po’ il tiro: il Pd sarà pure pronto al dialogo con i moderati, ma non a tutti i costi. “Da tempo dico una cosa molto semplice: l’Italia ha il diritto di avere qualcuno che ha il 51% in Parlamento, se l’avremo noi l’useremo come fosse il 49% perché l’Italia ha dei problemi molto seri rivolgendoci a tutte le forze che non sono l’eredità del leghismo e del berlusconismo. Questa è la nostra intenzione che implicitamente contiene la disponibilità a discutere con forze moderate, centrali, con Monti. Per fare cosa? Le riforme, il governo? Si vedrà…”. Certo, ha aggiunto, “ho visto delle cose sul mercato del lavoro e sulle unioni civili che non mi piacciono. Non faccio le alleanze a tutti i prezzi”. Bersani è apparso sorpreso dal clamore suscitato dalle sue affermazioni: “Credo di non avere aggiunto uno iota a quel che ho sempre detto. Dico le stesse cose ma i titoli cambiano”. Il segretario del Pd ha poi respinto le critiche di chi sostiene abbia aperto a Monti per rassicurare la Germania. “Francamente la destra che imbastisce questa polemica ha molto coraggio. Come può rispondere a questa domanda: come hai approfittato ella riduzione dei tassi dopo l’euro, quali riforme hai fatto, come hai messo in equilibrio il bilancio?”, ha chiesto.
Correzione di rotta, almeno nei toni, che trova forse una ragione nelle reazioni stizzite dei vendoliani: “Se Bersani vuole l’alleanza con Monti, vada con Monti. Noi non voteremo mai quell’alleanza, a costo di rompere con il Pd -dice in prima battuta Nicola Fratoianni, uno dei più vicini al leader di Sel”. Lo stesso Vendola ribadisce il concetto più tardi: “Il professor Mario Monti è incompatibile con me al governo”. Bocciando le aperture da Berlino di Bersani a Monti, ha aggiunto “il centro sinistra che è fatto da Pd e Sel è stato fondato da tre milioni di elettori e quindi non ha bisogno di nessuna presenza del professore Mario Monti”. Insomma: “Le destre sono due e sono impegnato a sconfiggerle entrambe. Le destre sono due, quella di Berlusconi e quella di Monti io sono impegnato per sconfiggerle entrambe”.
Ma il freno lo tira dall’altra parte anche Pierferdinando Casini: “Le alleanze si devono costruire per cambiare il paese e fare le riforme. Ma ci sono posizioni a sinistra che sono incompatibili con le riforme e il cambiamento del Paese”. “Noi siamo disponibili a governi che abbiano l’impronta del riformismo”, scandisce Casini, spiegando però che “certamente non potremmo costruirne uno sulla base di ideologie come i no alla Tav, alle liberalizzazioni, alla riforma dell’articolo 18 e della previdenza”.
Ma il segretario del Pdl Angelino Alfano la legge in altro modo: “E’ da giorni che sosteniamo il fatto che quando Bersani e Monti litigano lo fanno per finta. Sono già pronti ad accordarsi non per il bene dell’Italia ma per una poltrona da dare a Monti, che sarà il terzo o quarto classificato e beneficerà di un accordo con Bersani nel caso in cui Bersani dovesse vincere malamente. Ma noi siamo dell’idea che Bersani non vincerà, perché il nostro recupero è evidente ed è sotto gli occhi di tutti, e pensiamo che sarà un recupero che ci porterà a un successo pieno sia alla Camera che al Senato”.