Abolizione della legge Fini-Giovanardi che ha equiparato droghe leggere e droghe pesanti. E ancora: carceri a numero chiuso, abolizione del reato di immigrazione clandestina e introduzione del reato di tortura. E’ questo il succo di tre proposte di legge di iniziativa popolare depositate una settimana fa in Cassazione da una ventina di associazioni, con il fine di intervenire sulle condizioni disumane in cui vivono i detenuti degli istituti di pena italiani. Problemi da risolvere sono il sovraffollamento, le carenze di carattere sanitario, i casi di disagio psichico e i troppi decessi: 154 nel 2012, di cui 60 suicidi. “La situazione non è degna di un Paese civile”, denuncia il coordinamento dei garanti dei diritti dei detenuti, ovvero quelle figure di cui si sono dotate diverse amministrazioni comunali e regionali per dare un contributo al miglioramento della vita dietro alle sbarre.
I garanti domani consegneranno le tre proposte di legge al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, durante la sua visita al carcere milanese di San Vittore. Tra i promotori dell’iniziativa ci sono l’associazione Antigone, Forum droghe, Cgil, Unione camere penali, Società della Ragione, Cnca e Cnvg. Nelle prossime settimane inizierà la raccolta delle 50mila firme necessarie per fare approdare le norme in Parlamento. In testa la modifica della legge sulle droghe Fini-Giovanardi, che secondo i promotori ha la colpa di produrre carcerazioni inutili.
“Nel 2011 ben 28mila persone sono finite dietro le sbarre per detenzione di stupefacenti”, spiega Franco Corleone, garante dei detenuti del comune di Firenze. Il rischio è che siano colpiti semplici consumatori, che vengono considerati spacciatori perché trovati in possesso di quantità di sostanze che superano i limiti previsti nella norma. Il principio della proposta è di non punire il consumo di droghe e di evitare che i tossicodipendenti finiscano in cella e, salvo casi eccezionali, vengano indirizzati a percorsi di recupero nelle comunità.
La Fini-Giovanardi invece finisce per dare il contributo più rilevante al sovraffollamento delle carceri italiane, dove sono detenute 66mila persone a fronte degli appena 47mila posti disponibili. Una situazione di emergenza: il nostro Paese ha un anno di tempo per rimediare, adeguandosi alle richieste della Corte europea dei diritti dell’uomo, che un mese fa ha condannato l’Italia per il trattamento “disumano e degradante” riservato a sette persone rinchiuse negli istituti di Busto Arsizio e Piacenza. Una sentenza che proprio Napolitano ha commentato come “una mortificante conferma della perdurante incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi”.
Anche la seconda proposta di legge ha lo scopo di risolvere il problema del sovraffollamento, attraverso l’abolizione del reato di immigrazione clandestina, la limitazione del ricorso alla custodia cautelare, la riforma delle pene alternative, che dovrebbero essere applicate per “tutti i reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a sei anni”. E’ prevista anche la modifica della Cirielli, per ripristinare anche nei casi di recidiva la possibilità di accesso ai benefici penitenziari. Tra gli altri punti, c’è l’istituzione del garante nazionale delle persone private della libertà personale e l’introduzione del numero chiuso nelle carceri: “Nessuno può essere detenuto per esecuzione di una sentenza in un istituto che non abbia un posto letto regolare disponibile – sostiene Corleone. E’ un sistema adottato in altri Paesi del mondo: funziona ed evita situazioni di inciviltà”.
La terza proposta di legge, infine, riguarda l’introduzione del reato di tortura, che ancora manca nel nostro codice penale. Una lacuna dell’ordinamento: “Nelle carceri ci sono casi di torture fisiche e psichiche – accusa Adriana Tocco, garante dei diritti dei detenuti della Campania – e ci sono maltrattamenti che non vengono denunciati per paura di conseguenze ancora più gravi”.
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