Questo post è dedicato a tutti coloro che pensano che noi insegnanti prendiamo troppo, siamo fannulloni, abbiamo troppe vacanze, ci lamentiamo della gamba sana. Rispondo poche volte ai commenti che vengono lasciati sul mio blog per evitare di innescare polemiche ma leggo sempre con grande interesse chi si accanisce contro di me, chi ha del livore verso i maestri, chi la pensa in maniera diversa.
E’ un campanello d’allarme: mi aiuta a capire che il “maestro” non è considerato più un punto di riferimento ma un operaio alla catena di montaggio dell’istruzione. Vorrei ringraziare uno ad uno coloro che scrivono commenti di questo genere perché mi fanno comprendere meglio l’Italia e gli italiani. Mi aiutano a scegliere di essere ancor più un maestro “in direzione ostinata e contraria” perché desidero un Paese dove non vi sia lo scontro, la guerra tra classi sociali. Poi, restano i fatti. Quelli che mi arrivano da tanti colleghi, quelli che mi accadono ogni giorno.
Oggi a scuola mancava una collega e mi sono ritrovato sei bambini di prima, tra cui uno con evidenti problemi, parcheggiati nella mia classe. A loro vanno aggiunti i miei diciassette alunni con i quali avrei dovuto fare geografia. Ho spiegato l’Emilia Romagna mentre qualcuno si nascondeva sotto i banchi, qualcuno provocava i ragazzi di quinta, un altro disegnava alla lavagna e una voce faceva da sottofondo alla mia elezione. Sono stato interrotto una decina di volte mentre cercavo di spiegare: “Il capoluogo dell’Emilia Romagna è….”. Eccolo: “Maestro posso andare a fare la pipì?”. Provo a ripartire: “E’ Bologna, la dotta, la grassa, la ….”. Nuova interruzione: “Posso andare a prendere il pennarello rosso?”. Se questa è scuola.
In assenza di personale sarebbe normale che i bambini non fossero parcheggiati e che gli insegnanti non fossero lì a fare i baby sitter parcheggiatori. I supplenti ormai non esistono.
Manca qualche insegnante? Si dividono i bambini. La giustificazione sembra in alcuni casi essere quella che non si trovano supplenti: può essere vero dal momento che queste persone che attendono il lavoro “a chiamata” per contratti di due, tre, quattro giorni vengono pagati dopo mesi e a quel punto preferiscono restare a casa in cassa integrazione. Basti pensare che, secondo quanto rilevato dalla Flc Cgil, le mensilità di dicembre e gennaio, dovrebbero essere pagate proprio in questi giorni (8 febbraio e 15 febbraio).
La situazione riguarda tutta la scuola italiana. Anna mi scrive su Facebook: “Forse non ci si rende conto di quanto sia difficile insegnare ai bimbi di oggi. Io non sono maestra ma mamma di tre bimbe calme e tranquille ma a scuola non tutti lo sono. Altro che togliere insegnanti, ce ne vorrebbero in più”. Lara aggiunge: “Alcune scuole non chiamano così risparmiano sulla nostra pelle”. E Maria Teresa: “La settimana scorsa siamo arrivati a dividere tre classi contemporaneamente. Ci vorrebbero le aule soppalcate”. Questa è la scuola italiana.
A raccontarla non è Alex Corlazzoli ma le centinaia di insegnanti che non hanno la penna facile e che mi scrivono raccontandomi quello che accade nelle loro classi. E’ una narrazione collettiva che dovrebbe coinvolgere tutti, chi è genitore, chi ha uno stipendio e chi è disoccupato, chi è dirigente e chi è operaio perché i miei alunni saranno i cittadini di domani e hanno diritto ad una scuola dove non vengono parcheggiati.