Nel frattempo un'email inchioda gli ex dirigenti della banca, che decisero di acquistare Antonveneta nonostante "criticità" sconsigliassero l'operazione. E gli inquirenti romani portano avanti gli interrogatori per fare luce sul rapporto con lo Ior
Un nuovo filone nell’inchiesta di Siena su Monte Paschi porta dritto a San Marino. Gli inquirenti hanno ricevuto dai colleghi di Forlì, con cui si sono incontrati oggi, lo stralcio di un’indagine che nel 2009 portò ad arresti nei confronti dei vertici della Cassa di risparmio di San Marino, col coinvolgimento della filiale Mps di Forlì. Prosegue quindi a ritmo serrato l’inchiesta dei pm di Siena, che stanno esaminando agende personali, supporti elettronici ed email contenute nei computer sequestrati agli ex vertici dell’istituto senese.
Mentre domani sarà interrogato l’ex direttore generale di Mps, Antonio Vigni, un’email riportata alla luce nell’inchiesta di Siena inchioda poi l’ex classe dirigente della banca, che decise di comprare Antonveneta nonostante le “criticità” sconsigliassero di acquistare dagli spagnoli del Banco Santander a tre miliardi di euro in più di quanto pagato dall’istituto spagnolo due mesi prima per comprare la stessa banca. Il 15 novembre del 2007, secondo l’informativa del Nucleo valutario della Guardia di finanza del generale Giuseppe Bottill, l’allora vicedirettore generale del Monte, Giuseppe Menzi, avvertì infatti con un messaggio il suo superiore, il direttore generale Antonio Vigni, sulle “criticità dell’operazione Antonveneta”.
Non solo. Il fondatore del Santander Emilio Botin, come ha ricostruito La Stampa, si voleva disfare di Antonveneta ancora prima di acquistarla. Convocò a tal fine Alessandro Daffina, responsabile italiano di Banca Rotschild. Daffina rivelò al Nucleo valutario della finanza che “il presidente Botin pretese l’assenza di due diligence”, ovvero il processo investigativo che viene messo in atto per analizzare il valore di un’azienda al momento di un’acquisizione, finalizzata all’aggiustamento del compenso pattuito. Nonostante l’ex presidente di Monte Paschi Giuseppe Mussari “chiese a Botin in tutte le fasi preliminari all’accordo una due diligence senza riuscire a ottenerla”. Gli inquirenti, tuttavia, non sono riusciti a ricostruire tutti i messaggi tra i diversi protagonisti dell’affare Antonveneta, concluso nell’autunno del 2007. Perché, nell’ambito di un’altra inchiesta senese, dalla memoria del computer di Mussari sono state “volontariamente rimosse” tutte le email in entrata e in uscita tra giugno e ottobre dello stesso anno.
Il numero uno di Santander, Emilio Botin, è molto vicino all’Opus Dei e legato da vecchia data a Ettore Gotti Tedeschi, l’ex presidente dello Ior che per venti anni è stato responsabile dell’istituto spagnolo in Italia e che è stato interrogato nei giorni scorsi dai pm senesi per la vicenda Antonveneta. Per fare luce sul ruolo della banca vaticana nella bufera Mps, gli inquirenti romani hanno sentito oggi come testimone il giornalista Paolo Mondani, autore di un servizio apparso sul Corriere della Sera, dove si fa riferimento ad un testimone, dipendente del vaticano, il quale avrebbe detto che presso la sede dello Ior si sarebbero “svolte importanti e delicate riunioni per la costruzione dell’operazione Antonveneta”. Il Vaticano, tuttavia, smentisce che presso lo Ior avessero avuto luogo riunioni sulla questione Antonveneta-Mps ed “esclude che dirigenti del Montepaschi abbiano avuto possesso di fondi presso lo Ior”.
Intanto a difesa di Bankitalia è intervenuto il Fondo monetario internazionale. “La Banca d’Italia ha intrapreso un’azione tempestiva e adeguata per affrontare il problema del Monte dei Paschi di Siena”, ha detto all’Ansa il portavoce dell’istituto di Washington, Gerry Rice, citando il rapporto preliminare della missione del Financial Sector Assessment Program. “La vigilanza è stata serrata”, ha sottolineato Rice, “con l’azione di supervisione adeguatamente intensificata non appena i problemi di Mps sono diventati acuti”.