Lirio Abbate e Peter Gomez assolti dal tribunale di Roma per il contenuto del libro "Complici". Provati, secondo il giudice di primo grado, i rapporti tra Giuseppe Provenzano, alla guida della Regione per Forza Italia nel 1996, e il padrino corleonese. Per difendere il politico era sceso in campo personalmente Silvio Berlusconi
Era sceso in campo personalmente Silvio Berlusconi, per difenderlo da “attacchi e strumentalizzazioni” e invitarlo a “continuare il suo lavoro nell’interesse superiore della Sicilia”. Ma Giuseppe Provenzano, big di Forza Italia e presidente della Regione Sicilia, un serio problema di presentabilità ce l’aveva davvero. Il tribunale di Roma ha assolto in primo grado i giornalisti Lirio Abbate dell’Espresso e Peter Gomez del Fatto Quotidiano, che, nel libro Complici, hanno raccontato i suoi rapporti con la famiglia di Bernardo Provenzano, il boss di Cosa nostra (suo omonimo ma non parente, nonostante la comune origine corleonese).
Secondo la sentenza del giudice Gualtieri, il fatto non sussiste. I due giornalisti, difesi dagli avvocati Michele Giovinco e Katia Malavenda, non hanno diffamato il politico nel riportare, in particolare, due fatti. Il primo, nel 1978, la compravendita di un terreno nella contrada Latomia di Castelvetrano, in provincia di Trapani. Nel quale Giuseppe Provenzano era procuratore di Saveria Palazzolo, moglie del boss corleonese. Il terreno da 169 milioni di lire fu acquistato da Sebastiano Provenzano, padre di Giuseppe, che poi nominò come reale intestataria della proprietà Saveria Palazzolo, formalmente nullatenente ma “forte” del patrimonio del marito. Il futuro presidente della Regione era stato anche arrestato per ordine di Giovanni Falcone, ma era uscito indenne dal procedimento penale. Il fatto specifico risulta però provato, come già chiarisce la sentenza dell’epoca.
Il politico aveva denunciato i due giornalisti per un altro passaggio del libro, sulla condanna definitiva per peculato relativa alla sparizione di 240 milioni di lire dai fondi riservati della Regione. “Con velocità e destrezza”, scrivono Abbate e Gomez, Giuseppe Provenzano dirottava sui propri conti personali le tranche di 30-40 milioni man mano stanziate, l’ultima a ridosso della fine del mandato. Nonostante la condanna definitiva, il politico contestava l’espressione “con velocità e destrezza”. Ma anche su questo punto il giudice gli ha dato torto.