Il nuovo obiettivo dei pm che indagano sullo scandalo del Monte dei Paschi è ricostruire i flussi di denaro scudati. Le operazioni illecite, secondo gli investigatori, sarebbero state condotte all'interno dell'Area Finanza della banca
Ora non ci sono più dubbi. Secondo la procura di Siena “è sicura provenienza illecita delle liquidità e dei totali complessivamente amministrati” dalle cinque persone cui sono stati sequestrati circa 40 milioni di euro. E questo, si legge nei decreti di sequestro, ha “evidente valenza dimostrativa degli ipotizzati reati posti in essere dagli indagati”. Ma il lavoro dei magistrati non si esaurisce nell’analisi delle somme sequestrate. Anzi. Il nuovo obiettivo dei pm che indagano sullo scandalo del Monte dei Paschi, infatti, è ricostruire i flussi di denaro scudati da un numero imprecisato di indagati. Le indagini, infatti, si legge nel decreto di sequestro dei 40 milioni, puntano ora “a stabilire la provenienza, la destinazione, i relativi flussi di reimpiego e le eventuali retrocessioni delle somme ovvero delle liquidità sequestrande”.
Nella fattispecie, si tratta di somme e liquidità, quelle oggetto di sequestro, “fatte oggetto da parte degli indagati (i cui nomi sono coperti da omissis, ndr) di operazioni di adesione agli scudi fiscali, previo incarico per il rimpatrio giuridico e/o economico di rilevanti patrimoni (somme ed attività finanziarie)”. I reati ipotizzati sarebbero stati compiuti “mediante reiterate condotte fraudolente”, “con lo stabile contributo dei sodali che garantivano loro adeguato supporto e connivenze, nell’ambito di una struttura plurisoggettiva organizzata (Area Finanza Bmps) ove gli stessi hanno assunto un ruolo verticistico e di organizzazione della associazione criminale”.
Sempre secondo la procura di Siena le somme sequestrate “costituiscono prova del commesso reato in quanto oggetto delle operazioni illecite condotte all’interno dell’Area Finanza della Banca Mps, attraverso riconoscimenti illegali e paralleli veicolati nell’ambito di operazioni diversamente denominate intrattenute con collaterali, tenuto conto anche della sproporzione degli importi scudati rispetto alle entrate ufficiali degli indagati e a tutte le altre fonti di reddito a loro riconducibili”. I beni oggetto di sequestro costituiscono, osservano i pm, “elemento oggettivo di valutazione istruttoria” e dunque ne deve essere “salvaguardata l’integrità materiale e la non dispersione, onde non compromettere la proficuità degli accertamenti”. E ciò “stante anche il concreto rischio di dispersione” delle somme in questione, “potendo essere fatte oggetto di ulteriore negoziazione anche in ragione del clamore mediatico della presente indagine”.
Il sequestro è stato quindi ordinato, si legge nei decreti, considerato “l’evidente rapporto di immediatezza e di pertinenzialità” dei beni “in relazione all’ipotizzato reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa continuata in danno dell’Istituto bancario Mps di Siena”.
Nel frattempo, l’indagine va avanti anche su altri fronti. Mentre a Bologna la Guardia di Finanza sta eseguendo una perquisizione di una società collegata a Mps, a Siena alcuni ispettori dell’unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, infatti, hanno incontrato questa mattina a Siena i pm impegnati nell’inchiesta su Mps. Secondo quanto ha riferito una fonte giudiziaria, gli ispettori hanno consegnato del nuovo materiale alla Procura, come già avvenuto in passato. La consegna dei nuovi documenti, sembra relativi sempre all’operazione di acquisizione di Antonveneta, si svolge nell’ambito del rapporto di collaborazione, che dura ormai da mesi, tra la Procura senese e l’istituto di via Nazionale.