Il Consiglio superiore della magistratura ha deciso: Roberto Scarpinato è il nuovo procuratore generale di Palermo. Il plenum lo ha nominato con 19 voti favorevoli e 4 astenuti (il togato indipendente Nello Nappi e i laici di centrodestra Ettore Albertoni, Niccolò Zanon, Filiberto Palumbo). Scarpinato era rimasto l’unico candidato in corsa per la poltrona di pg a Palermo, dopo che, questa mattina, l’altro candidato, Libertino Alberto Russo, è stato nominato dal plenum presidente di sezione della Cassazione.
Nato a Caltanissetta 61 anni, in magistratura dal 1977, Scarpinato, nominato oggi procuratore generale di Palermo, ha inizialmente prestato servizio presso il Csm e nel 1988 è stato assegnato alla Procura della Repubblica di Palermo, dov’è entrato nel pool antimafia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In quegli anni, dopo il suo ingresso nella Dda nel 1991, ha seguito processi come quelli per gli omicidi del presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, del segretario regionale del Pdc, Pio La Torre e del suo collaboratore Rosario Di Salvo, del segretario della Dc palermitana Michele Reina, del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo.
Scarpinato fu tra i protagonisti del caso che scoppiò in Procura a Palermo dopo la strage di via D’Amelio, quando otto sostituti contestarono il capo dell’ufficio, Pietro Giammanco, da loro accusato di aver isolato Falcone. Giammanco chiese poi al Csm di essere trasferito. Al suo posto s’insediò come procurato Giancarlo Caselli il 15 gennaio del 1993, lo stesso giorno della cattura del boss corleonese Totò Riina. Sotto la sua guida, la Procura avviò le inchieste per mafia a carico di Giulio Andreotti e dell’ex dirigente del Sisde, Bruno Contrada. Nel processo Andreotti, Scarpinato fu poi tra i pm in aula assieme a Guido Lo Forte e Gioacchino Natoli. Un’altra delle sue inchieste, denominata “Sistemi criminali”, e riguardante i retroscena delle stragi mafiose del 1992 e del 1993 non approdò invece mai a un processo. Diventato procuratore aggiunto, Scarpinato nel 2005 assunse il coordinamento del Dipartimento mafia-economia, comprendente anche il settore delle misure di prevenzione antimafia. Sotto la sua direzione, furono compiuti sequestri di beni in Italia e all’estero per un totale di circa tre miliardi e mezzo di euro. Dal giugno del 2010, era procuratore generale di Caltanissetta.
Zanon e Palumbo hanno spiegato la loro astensione, sottolineando che “non si tratta di sfiducia nei confronti di Scarpinato, ma perché è rimasto l’unico candidato”. L’iter della nomina del pg di Palermo è stato infatti molto lungo: tale poltrona è vacante dal novembre 2011, da quando Luigi Croce lasciò l’incarico. A presentare la domanda per il posto erano stati inizialmente, tra gli altri, anche il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo e il capo della procura di Messina, Guido Lo Forte. Messineo decise poi di revocare la domanda nello scorso dicembre, dopo l’apertura di un’indagine a suo carico a Caltanissetta per rivelazione di segreto d’ufficio. Lo Forte, invece, ha ritirato la domanda qualche settimana fa. Dopo il monito rivolto ieri dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Csm, con il quale si criticavano proprio i ritardi sulle nomine dei direttivi, Palazzo dei Marescialli con la delibera approvata oggi va finalmente a ricoprire una delle poltrone importanti degli uffici giudiziari italiani. Scarpinato è stato fino a oggi procuratore generale a Caltanissetta. E’ in magistratura dal 1977, è stato pretore a Nicosia, magistrato segretario al Csm nel 1986 poi nell”88 è diventato pm a Palermo nella cui procura, nel 2000, è diventato aggiunto, prima di passare a Caltanissetta. Nel 1989 entrò a far parte del pool antimafia di Palermo e tra i procedimenti più rilevanti di cui si è occupato nella sua carriera quello sull’omicidio di Salvo Lima e i processi a Bruno Contrada e a Giulio Andreotti.
La scorsa estate, in occasione della celebrazione dell’anniversario della strage di via D’Amelio, Scarpinato decise di leggere pubblicamente una lettera che aveva come destinatario proprio Paolo Borsellino: in essa aveva espresso pesanti critiche scrivendo che “stringe il cuore a vedere talora, tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche persone la cui condotta di vita sembra la negazione dei valori di legalità e giustizia per i quali tu ti sei fatto uccidere”. La lettera è stata al centro di una pratica aperta dalla prima commissione del Csm: il tutto si è concluso con l’archiviazione, poiché il plenum ha ritenuto che Scarpinato avesse espresso legittime opinioni