“Una devastazione paragonabile alla peste del Seicento”. Il saccheggio ambientale consumato ai danni del territorio della Campania trova spazio in un documento ufficiale del parlamento italiano dopo anni di denunce di comitati e associazioni. Il grande affare dei rifiuti nella regione, con le devastanti conseguenze sanitarie e ambientali, è oggetto della relazione finale della commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Il documento, di quasi 600 pagine, proposto dal deputato Stefano Graziano e approvato all’unanimità, ricostruisce il ‘sistema Campania’: dalla gestione commissariale al lento ritorno ai poteri ordinari, passando per la sovrapposizione di enti coinvolti tra sprechi e incapacità di gestione. Ma dietro gli anni di cosiddetta ‘emergenza’ c’è il disastro ambientale realizzato dall’imprenditoria affaristica, dalla politica collusa e dalla camorra.
La relazione della Dia
Nel documento della commissione viene pubblicata la relazione trasmessa, nello scorso ottobre, dalla direzione investigativa antimafia del centro operativo di Napoli. Una relazione che ricostruisce le origini del saccheggio: “La ‘questione rifiuti‘ – si legge nel dossier della Dia – ha messo in evidenza i rapporti patologici politico-criminali-imprenditoriali tra i vari capi clan delle ‘famiglie’ casertane e gli imprenditori del settore rifiuti sia locali che transregionali, come dimostra il caso paradigmatico dell’interlocuzione ‘contrattuale’ tra Gaetano Cerci (pregiudicato del clan Bidognetti) ed il noto Licio Gelli negli anni ’90, attraverso la cui relazione delinquenziale fu possibile, per alcuni anni, in modo sistematico, il trasferimento di sostanze altamente tossiche da altre regioni italiane a Caserta”. Senza dimenticare le discariche di stato costruite da ditte in odore di camorra mentre i militari sorvegliavano gli ingressi dei siti di smaltimento. E’ il caso dell’invaso di Chiaiano realizzato durante l’ultimo governo Berlusconi. “Il collaboratore di giustizia Vassallo Gaetano – scrive ancora la Dia partenopea – ex uomo dei casalesi nel business legato al ciclo dei rifiuti, ha reso dichiarazioni in merito ad un interessamento delle famiglie camorristiche Zagaria e Mallardo nella gestione e nella realizzazione della discarica di Chiaiano, ubicata nell’area metropolitana della città di Napoli”.
La relazione della Dia passa in rassegna i territori più devastati e gli ultimi casi di cronaca che hanno fatto emergere smaltimenti illegali di rifiuti come nel caso della realizzazione della superstrada 268. Nell’analisi della Dia non manca una valutazione sugli strumenti di contrasto alle infiltrazioni del crimine organizzato negli appalti pubblici. L’idea sarebbe quella di realizzare conti unici dedicati per le ditte aggiudicatarie degli appalti e monitorarne il traffico per evitare “la distrazione di fondi – riferisce ancora la Dia – per il pagamento delle tangenti e l’utilizzo di sub appaltatori non autorizzati o, ancor peggio, l’utilizzo di fornitori o sub appaltatori controindicati ai fini della legislazione antimafia”. Uno strumento che necessita di un’interfaccia unica per accedere ai conti, ma che ha visto la contrarietà, per ragione di costi, di Abi e Banca di Italia.
La Peste seicentesca
La relazione della commissione parlamentare riprende il piano di gestione regionale, i documenti inviati dagli organi investigativi e dalla Corte dei conti, le indagini penali in corso, le trascrizioni delle audizioni realizzate prima giungere alle considerazioni finali. Considerazioni amare. A partire dall’ apparato amministrativo che in Campania ha favorito “in larga parte interessi sostanzialmente illeciti”. Senza dimenticare la devastazione dell’ecosistema. “La catastrofe ambientale – si legge nella relazione della commissione parlamentare – che è in atto e che sta sconvolgendo la città di Napoli e cospicue parti del territorio campano costituisce ormai un fenomeno di portata storica, paragonabile soltanto ai fenomeni di diffusione della peste seicentesca”. Una peste causata dalla camorra, ma anche dagli enti statali come emerge, ad esempio, dall’indagine marea nera della Procura di Napoli.
“Secondo l’impostazione accusatoria – si legge nella relazione della commissione – gli organi commissariali e gli organi regionali avrebbero sostanzialmente deliberato di gettare, così com’era, il percolato in mare, dando così vita ad uno dei più imponenti e pericolosi traffici illeciti di rifiuti posti in essere in Campania”. Poi c’è il disastro dell’area di Giugliano, comune in provincia di Napoli, dove sorge la discarica Resit, gestita da Cipriano Chianese, ribattezzato l’inventore dell’ecomafia in Campania, dove sono state smaltite negli anni novanta, tra le altre, “30.700 tonnellate di rifiuti provenienti dalla bonifica dell’Acna di Cengio, con la conseguenza che il danno ambientale è transitato da Cengio a Giugliano”. Inquinamento della falda acquifera già iniziato e picco di contaminazione dell’ecosistema individuato nel 2064. Il pm Alessandro Milita dell’antimafia partenopea ha raccontato alla commissione parlamentare: “Si tratta quindi di uno di quei casi (l’unico processo in corso di celebrazione in Italia) in cui una condotta permanente prevede un aggravamento nel corso del tempo, per cui, facendo un parallelismo tra organismo umano e ambiente, può essere soltanto paragonata all’infezione da Aids (…)”. Una malattia che ha divorato una regione con un’ipoteca mortifera sulle prossime generazioni mentre le bonifiche sono ferme e i tumori falcidiano vite.