È l’estate del 1953 quando negli studi della Sun Records, etichetta discografica nata poco tempo prima a Memphis, nel Tennessee, si presenta assieme a molti altri ragazzi un giovane dal look appariscente, che ostenta un enorme ciuffo impomatato sulla fronte, porta basette lunghe e indossa un vestito dai colori sgargianti. Sono in tanti, ogni giorno, quelli che si presentano davanti alla porta della Sun Records con la speranza di poter esaudire il sogno che portano dentro al cuore: diventare una stella della musica. Il giovane, che nella vita fa il camionista, mostra una gran sicurezza e quando gli chiedono a quale artisti si ispiri, lui risponde secco: “A nessuno”. Le prime performance, però, non sono granché per via del suo stile ancora troppo acerbo e il ragazzo è costretto a far capolino dinanzi alla porta della Sun Records più d’una volta. È infatti l’anno successivo che durante una pausa, mentre esegue una scherzosa interpretazione di That’s all right, un pezzo del bluesman Arthur Crudup, Elvis Presley folgora il proprietario della Sun, Sam Phillips, che sborsa immediatamente 4 dollari e gli firma il suo primo contratto.
Il ragazzo è fortunato in verità tanto quanto lo è la vasta comunità appassionata del genere, perché quello appena descritto è il momento in cui nasce artisticamente colui che del rock ‘n’ roll ne diventa l’icona. E il rock, da quel preciso istante, incomincia a rappresentare a tutti gli effetti, il centro di gravità della cultura giovanile. Ovviamente a questo seguiranno innumerevoli “momenti” altrettanto decisivi per l’evoluzione di quello che per molti è una religione, sicuramente una delle forme artistiche più importanti del Novecento: il rock.
Già, ma “cosa sarebbe successo se Elvis avesse continuato a fare il camionista?”. Partendo da questa domanda – ma anche chiedendosi “e se i Beatles fossero rimasti ad Amburgo?”, o “se Bob Dylan non avesse infilato il jack alla sua chitarra abbandonando per certi versi il genere folk?” – Ezio Guaitamacchi, scrittore, critico ma soprattutto appassionato e profondo cultore del genere Rock, dopo averne scandagliato i fondali e riportato a galla fatti, miti, leggende e scovando aneddoti dei quali spesso non si conosce la reale portata, ha scritto “Rock Files – 500 storie che hanno fatto storia”, edito da Arcana. Cinquecento racconti – partendo dalla nascita del Juke Box alla psichedelia dei ’60, al punk dei ’70 e all’hardcore degli ’80, fino alla resurrezione di Tupac Shakur, rapper amatissimo ucciso a Las Vegas nel ’96, sfruttando la tecnica giapponese dell’ologramma, tra lo sbigottimento dei 75 mila presenti al Coachella Festival – in grado di far comprendere quale sia stato l’impatto che il rock assieme ai suoi protagonisti hanno avuto sulla storia e sulla cultura dal Ventesimo secolo fino ai giorni nostri. Un incredibile viaggio in cinquant’anni di musica nel quale l’autore si riserva anche di consigliare i brani da ascoltare durante la lettura di ogni racconto.
Dal giorno in cui Elvis bussa alla Sun Records in cerca di fortuna, trascorrono quasi 25 anni quando alla porta della sua villa “Graceland” la leggendaria tenuta del Re, dopo aver scavalcato le recinzioni, bussa un giovane fan proveniente da New York. Elvis non c’è, e il guardiano della villa, inflessibile, accompagna il giovane invasore fuori della proprietà. “Più volte mi sono chiesto – racconta durante un suo concerto Bruce Springsteen – cosa sarebbe successo se dopo aver bussato a quella porta mi avesse aperto Elvis. Io ero andato là per vedere un sogno”. Ezio Guaitamacchi sicuramente avrebbe una risposta anche per il Boss.
Rock Files. 500 storie che hanno fatto la storia
di Ezio Guaitamacchi
Arcana Edizioni
Pagg. 320
Euro: 19,90