Vi piacerebbe che i vostri amici vi dessero l’addio facendo baldoria? O preferireste vedere solo lacrime e tristezza?
Un’intera pagina, sulla Stampa di ieri, parlava di feste. Feste funebri, o funeral party. Vino rosso e fonduta alla fine del cammino, era il titolo. In apertura, la commovente storia di Gigliola Franco, insegnante e poetessa, amata da Fenoglio, morta per un parkinson a ottantotto anni, che ha voluto che i suoi figli e i suoi amici la salutassero con un bel pranzo in un’osteria di Alba (con un menù deciso da lei, con cura).
Nulla di nuovo sotto il sole, in realtà. Il banchetto funebre è una tradizione antichissima, che risale all’Occidente pagano. La Chiesa, in epoca medievale e moderna, cercò di evitare che i sacerdoti partecipassero a questi banchetti, perché ci si ubriacava e si finiva con eccessiva allegria, e con un allentamento generale dei freni inibitori. Per riaffermare il predominio della vita sulla morte, si beveva, si piangeva, si raccontavano episodi della vita del morto, si rideva, si beveva ancora. La dimensione festiva era parte integrante di un funerale, come continua a essere in molte culture extraeuropee, africane o latino-americane, ad esempio.
Oggi si fanno brindisi o si beve insieme thè e caffè nelle funeral home statunitensi e nelle caffetterie dei crematori olandesi, mentre nelle nostre campagne o nel sud dell’Italia permane l’usanza di mangiare insieme dopo i funerali.
Certo, in città e ancor più nelle metropoli abbiamo congelato le usanze funebri del passato, e stentiamo a inventarne di nuove. Tutti compunti nei nostri abiti scuri, ci rechiamo nelle chiese e nelle sale del commiato (le poche esistenti in Italia), pronunciamo poche parole di condoglianze, e aspettiamo che sia finita la funzione per salutare la famiglia e sgattaiolare via veloci.
Tuttavia, di fronte all’abisso di sconforto in cui ci getta la morte, c’è il bisogno di riti, di condivisione del dolore, di vicinanza umana. Siamo in bilico tra un passato di cui resta solo qualche traccia (di cui il banchetto funebre è un elemento), e un futuro di cui non intravvediamo i contorni.
Cosa ne dite dunque dei tentativi di creare un’atmosfera festiva al proprio funerale, come fece anche Fruttero circa un anno fa? Come ve lo rappresentereste il vostro funerale ideale?