Dopo gli arrivi di Snejder e Drogba in riva al Bosforo, la squadra di Istanbul punta ad arrivare tra le prime otto d'Europa. Un'ambizione che è lo specchio di un Paese in cui il Pil cresce alla velocità del 5% all’anno e la popolazione dell’1,35%
Profuma d’Oriente la nuova frontiera dello sport moderno. Non un paese per vecchi, dove vanno a svernare campioni strapagati al termine della carriera, ma un giovane stato desideroso di imporsi sulla scena nazionale (anche) attraverso lo sport. In Turchia tutto è pronto per la sfida all’Europa, il sigillo sarà l’ufficializzazione dell’acquisto di Drogba da parte del Galatasaray. Già inserito dal club nella lista Champions, dove lo Schalke 04 sembra un avversario abbordabile per passare ai quarti di finale, manca solo il via libera della Fifa. Con questa mossa, Istanbul non solo si rivela meta preferita rispetto ai grandi campionati europei ma, forse, mette la parola fine al sogno calcistico cinese. Dopo Anelka alla Juve e Drogba sulle rive del Bosforo, il faraonico progetto Shangai crolla, e mette a rischio c’è tutta la strategia pallonara cinese.
Polisportiva da fare invidia a quelle di Real Madrid e Barcellona, il Galatasaray non è solo calcio: l’undici giallorosso, guidato dall’imperatore Fatih Terim vecchia conoscenza di Milan e Fiorentina, ne è solo la punta di diamante. Attendendo Drogba, a una compagine che poteva contare su Riera, Felipe Melo e Baros, si è aggiunto infatti a gennaio anche l’olandese Sneijder. Ci sono altre 11 discipline tra cui la pallavolo – dove nella squadra femminile allenata da Barbolini (anche tecnico della nazionale turca) giocano le nostre Gioli e Lo Bianco – e il basket, che ha appena strappato a Cantù Manuchar Markoishvili con un contratto monstre di 1 milione di euro l’anno. Non solo Galatasaray, nel calcio Fenerbahce e Besiktas, nonostante i recenti guai giudiziari, sono habitué della Champions. Negli altri sport basti segnalare l’emigrazione dei tecnici italiani: il c.t. della nazionale di basket Pianigiani che va al Fenerbahce e nella pallavolo Miceli (Eczacibasi) e Guidetti (VakıfBank), pronti a fare incetta di titoli e campioni.
Ma su tutti brilla la stella del ‘Gala’. Dal 2011 gestito da Unal Aysal, che come tutti i dirigenti del club ha studiato al liceo Galatasaray dove la squadra fu fondata il secolo scorso e, secondo Forbes, possiede un patrimonio stimabile in 800 milioni di euro. Il Galatasaray è appena entrato nella lista delle 30 società più ricche al mondo, secondo l’ultimo rapporto Deloitte, e gioca nella fantasmagorica Turk Telekom Arena, il nuovo Ali Sami Yen, considerato uno dei migliori d’Europa. Anche nel ranking Uefa la Turchia è in constante ascesa e oggi è al 10 posto. Mentre la Turkish Super League, i cui diritti televisivi valgono 400 milioni di euro, oramai è in compagnia dell’elite di Francia, Spagna e Germania (600-650 milioni, dietro solo a Italia e Inghilterra) piuttosto che nel gruppo delle inseguitrici (Olanda, Portogallo, Norvegia, Belgio, con un valore intorno ai 60 milioni).
In un paese il cui Pil cresce alla velocità del 5% all’anno, e la popolazione dell’1,35% – e dove i suoi 75 milioni di abitanti sono quasi il doppio di quelli registrati negli anni ’80, quando l’ex premier Ozal aprì al mercato privatizzando le grandi aziende statali – lo sport è il fiore all’occhiello della crescita. Istanbul è favoritissima per ospitare le Olimpiadi del 2020, davanti a Tokyo e Madrid, quando il 7 settembre prossimo il Cio assegnerà i Giochi. Sempre nel 2020 la Turchia avrebbe dovuto ospitare la fase finale degli Europei di calcio, ma dopo lo spezzatino deciso da Platini, rimane comunque favorita per ospitare le semifinali e la finale della competizione. A rimarcare che la Turchia non è un qualsiasi cimitero sportivo degli elefanti, come lo sono le potentissime economie del Golfo e, forse, la Cina, ma un paese in costante sviluppo economico, che non sfrutta lo sport come vetrina ma investe in esso come volano per la crescita del Paese.