Cronaca

Rifiuti, Lazio: il Tar boccia il decreto Clini. Stop ai trasferimenti in 4 impianti

Il tribunale ha emesso una sospensiva che blocca la legge del ministro dell'Ambiente per risolvere l'emergenza a Roma. Accolto il ricorso del Comune di Albano e della Provincia di Frosinone, tra le aree scelte per smaltire l'immondizia

Il Tar del Lazio ha sospeso il decreto del ministro dell’Ambiente Clini che ha permesso al commissario per l’emergenza rifiuti di individuare quattro impianti dove destinare la spazzatura di Roma. Gli impianti che secondo il piano dovevano ricevere i rifiuti della Capitale, evitando così l’emergenza nella capitale, sono quelli di Albano Laziale (Roma), Viterbo, Colfelice e Castelforte (Latina). In ottemperanza al decreto del ministro Clini il 15 gennaio scorso il commissario Goffredo Sottile aveva individuato i quattro impianti per trattare i rifiuti indifferenziati di Roma, Fiumicino, Ciampino e Stato del Vaticano.

Accogliendo la richiesta presentata da Comune di Albano, Provincia di Frosinone e Saf (società che gestisce il Tmb di Colfelice), la sezione II bis del tribunale, presieduta dal giudice Eduardo Pugliese, ha emesso un’ordinanza di sospensiva del decreto. La legge scritta dal ministero dell’Ambiente impone il trattamento di una parte dei rifiuti della capitale negli impianti delle altre province del Lazio. Il Tar ha fissato al 6 giugno 2013 la decisione sul merito dei ricorsi.

I singoli provvedimenti e il decreto ministeriale sul tema dei rifiuti “risultano essere stati adottati – scrive il Tar – sul presupposto di una ritenuta grave criticità circa l’intero ciclo di gestione dei rifiuti nella Capitale, ma non sembrano contemplare quella vera e propria situazione di emergenza ambientale che è stata invece invocata in giudizio dalla difesa dell’Amministrazione al fine di giustificare la loro adozione”. I giudici sottolineano anche l’esistenza di “carenze e contraddittorietà” nel decreto del ministro e del Commissario per l’emergenza rifiuti “che non consentono, allo stato, di individuare profili di coerenza, utilità e ragionevolezza delle misure adottate in relazione all’interesse pubblico dichiaratamente perseguito”. Il passaggio finale è che i giudici hanno bloccato i decreti sollecitando un “successivo riesame dell’intera questione da parte degli organi competenti”.